Amnesty international: “Gaza, evitare ulteriori crimini di guerra”

L’invasione da terra della Striscia di Gaza da parte d’Israele, iniziata la notte tra il 17 e il 18 luglio dopo 10 giorni di attacchi delle forze israeliane e dei gruppi armati palestinesi, accentua per Amnesty International il bisogno di un’urgente azione internazionale per proteggere le popolazioni civili di Gaza e d’Israele da ulteriori crimini di guerra.
“Nei loro incessanti attacchi aerei contro Gaza, le forze israeliane hanno mostrato flagrante disprezzo per le vite umane e le proprieta’ personali, che secondo il diritto internazionale umanitario devono essere protette” – ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha dichiarato che, prima dell’inizio delle operazioni di terra, erano stati uccisi circa 240 palestinesi (almeno 171 dei quali erano civili, tra cui 48 bambini e 31 donne) e un civile israeliano.
Secondo dati aggiornati al pomeriggio del 18 luglio, almeno altri 30 palestinesi sono stati uccisi dall’inizio dell’offensiva di terra.
“Colpire i civili e lanciare attacchi contro proprieta’ civili non puo’ essere giustificato, Entrambe le parti, che hanno ripetutamente e impunemente violato il diritto internazionale, devono essere chiamate a rispondere delle loro azioni e il primo passo in questa direzione e’ un’indagine internazionale disposta dalle Nazioni Unite” – ha affermato Luther.
A seguito degli attacchi israeliani, oltre 1780 abitazioni sono state completamente distrutte o rese inabitabili e 10600 abitanti di Gaza sono rimasti senza casa. I razzi lanciati in modo indiscriminato da Gaza hanno a loro volta danneggiato proprieta’ civili israeliane.
Il 10 luglio, un attacco contro il campo rifugiati di Khan Younis ha ucciso otto membri della famiglia di Mahmoud Lufti al-Haji e ferito altri 20 vicini. L’attacco non era stato preceduto da alcun avviso.
Uno dei due sopravvissuti, Yasser Mahmoud Lufti al-Haji, ha dichiarato ad Amnesty International: “Ho visto mio zio uscire di casa col corpo di mia madre in braccio. Stava correndo. Io urlavo che volevo vedere mia madre. Poi sono andato all’ospedale per vedere se era sopravvissuto qualcuno. Ho trovato mio fratello Tareq ancora in vita, ma dopo e’ morto. Ho avuto un attacco di panico e hanno dovuto farmi delle iniezioni per calmarmi…”
“Hanno colpito una zona estremamente affollata, l’attacco non era contro una sola casa ma contro l’intera comunita’ e ha provocato la distruzione totale” – ha aggiunto Mahmoud Atamneh, un vicino.
“Attaccare deliberatamente un’abitazione civile e’ un crimine di guerra. Il crescente livello di distruzione delle abitazioni civili, in alcuni casi con interi nuclei familiari all’interno, mette in luce un preoccupante schema di ripetute violazioni delle leggi di guerra” – ha commentato Luther.
Le autorita’ israeliane non hanno fornito informazioni per giustificare attacchi di questo tipo. Fino a quando non lo faranno, questi attacchi costituiranno crimini di guerra e una punizione collettiva.
Anche se all’interno si trovasse un membro di un gruppo armato palestinese, un attacco contro un’abitazione civile in cui e’ presente un’intera famiglia costituirebbe un attacco sproporzionato.
In alcuni casi, le forze israeliane hanno lanciato attacchi contro abitazioni civili senza alcun tipo di avviso o senza lasciare il tempo alle persone presenti di evacuarle. In altri casi, civili sono stati colpiti e uccisi dai missili israeliani in luoghi pubblici e quando nella zona non vi era alcuna apparente attivita’ di gruppi armati palestinesi.
Gli attacchi israeliani hanno inoltre causato enormi danni alle infrastrutture idriche e sanitarie in tutta la Striscia di Gaza. Tre operai sono stati uccisi mentre cercavano di effettuare una riparazione e le continue ostilita’ hanno reso troppo pericoloso continuare i lavori in molte zone. Il 16 luglio, le Nazioni Unite hanno reso noto che 900.000 persone (la meta’ degli abitanti di Gaza) non ricevevano acqua. I danni ai servizi fognari e per il trattamento dei rifiuti, col conseguente rischio di contaminazione delle riserve idriche, hanno creato un’emergenza sanitaria.
“Le infrastrutture di Gaza sono sull’orlo del collasso e le conseguenze della continua mancanza di acqua potabile potrebbero essere catastrofiche” – ha denunciato Luther.
Dall’inizio del conflitto, almeno 84 scuole e almeno 13 strutture sanitarie sono state costrette a chiudere. Il 17 luglio, il centro di riabilitazione al-Wafa di Shuja’iyyeh e’ stato colpito per la seconda volta e distrutto, dopo che il personale era stato costretto a evacuare tutti i pazienti.
“Invece di colpire strutture sanitarie in violazione del diritto internazionale, le forze israeliane devono proteggere medici e pazienti e assicurare che i feriti possano raggiungere i centri ospedalieri a Gaza e, se necessario, altrove” – ha precisato Luther. Israele ed Egitto devono assicurare che le forniture mediche e di soccorso urgentemente necessarie, cosi’ come quantita’ sufficienti di carburante, arrivino con continuita’ nella Striscia di Gaza.
Hamas e i gruppi armati palestinesi, secondo Amnesty, stanno a loro volta violando in modo flagrante il diritto internazionale e mettendo in pericolo la popolazione civile. Il 16 luglio l’Unrwa (l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) ha scoperto 20 razzi nascosti in una scuola della Striscia di Gaza. Almeno 22900 civili sono sfollati e molti si sono rifugiati in 24 scuole gestite dall’Unrwa.
“I gruppi armati palestinesi di Gaza non devono ammassare munizioni in aree residenziali o usarle come base di lancio dei loro attacchi. L’ala militare di Hamas e gli altri gruppi palestinesi, che finora hanno lanciato indiscriminatamente oltre 1500 razzi contro Israele, devono porre fine a questi crimini di guerra” – ha detto Luther.
Amnesty International ha nuovamente chiesto alle Nazioni Unite d’imporre un embargo sulle armi nei confronti di tutte le parti coinvolte nel conflitto, per evitare ulteriori gravi violazioni del diritto internazionale.