BRACCIANO – “I diritti delle donne e la democrazia sono due facce della stessa medaglia”, “Per questo i regimi non democratici si oppongono alla parità tra uomo e donna, non è l’islam a volerlo ma l’interpretazione che ne danno i governanti”.
Parole di Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace 2003, che ieri a Bracciano ha entusiasmato una platea attenta che ha affollato la sala dei granai del castello Odescalchi per ascoltare le sue parole proprio sulle discriminazioni attuate contro le donne.
Una vita in esilio dal 2009, la sua, da quando, con l’arrivo del regime komeinista, è stata prima costretta a lasciare l’incarico di giudice e poi a trasferirsi a Londra da dove guida le fila di un nutrito movimento femminista iraniano che conta oggi 50 donne in carcere tra le quali l’avvocatessa Nasrin Sotoudeh, già collaboratrice di Ebadi, alla quale peraltro il Parlamento Europeo ha assegnato il premio Sakharov 2012.
Un evento internazionale, in apertura della settimana che culmina il 25 Novembre con la Giornata Internazionale Contro la Violenza alle Donne, che ha riunito sindaci, amministratori provinciali ed altre personalità, organizzato dal Consorzio Lago Bracciano del presidente Rolando Luciani.
Nel suo saluto il sindaco di Bracciano Giuliano Sala, reduce da un intensissimo incontro in mattinata al liceo Vian molto ricco di spunti e riflessioni, ha parlato di Shirin Ebadi come di una donna “coraggiosa”.
Sala si è detto onorato di accogliere un Nobel per la Pace ed entusiasmato del confronto con gli studenti che ha citato nei ringraziamenti assieme alle altre personalità presenti tra le quali il presidente del Consiglio Provinciale di Roma Pina Maturani. Nel sottolineare l’impegno di Ebadi, Sala ha citato il suo monito al Vian: “guardate che la democrazia non è una cosa scontata”.
Introdotto dall’intervento della giornalista e scrittrice Marisa Paolucci, autrice del libro Tre Donne (Emisferi Editore) che racconta le vicende di tre donne – oltre a Shirin Ebadi, Malalai Joya e Fatima Ahmed , che si battono per i diritti delle donne, il discorso del Nobel per la Pace è stato tutto incentrato sul rapporto tra islam e donne.
“In Iran – ha detto – le discriminazioni sono previste dalla legge”. E ha fatto degli esempi “la vita di una donna vale metà di quella dell’uomo. In caso di incidenti, il risarcimento per la morte di una donna e la metà di quello per una morte di un uomo, la testimonianza in sede giudiziaria di due donne vale quella di un uomo”.
Ha poi focalizzato l’attenzione sull’istruzione delle bambine e delle donne e ha puntato il dito contro la “cultura patriarcale” spesso veicolata da donne alle quali è stata negata l’istruzione.
“Ecco perché – ha detto Ebadi – i fondamentalisti sono contrari alle istruzione delle donne. Quando hanno preso il potere hanno chiuso le scuole dedicate all’istruzione femminile”. “Il regime iraniano dice che questa leggi sono islamiche, ma – ha aggiunto Ebadi – io non sono d’accordo perché l’islam ha diverse interpretazioni”.
L’incontro, anche grazie ai disegni choc, già oggetto di una mostra curata da Marisa Paolucci, ha avuto il pregio di fare luce sulle effettive condizioni di vita delle donne nei paesi islamici.
Ma Ebadi oltre ai tanti dove permane la discriminazione delle donne ha citato Paesi come Bangladesh, Pakistan ed Indonesia, a voler ribadire che non è l’islam a volere tutto questo, dove donne sono salite a cariche importanti fino a divenirne in alcuni casi presidente.