“Al porto bene, ma in città..”

Polo CivicoCIVITAVECCHIA – Nel nostro scalo lo svolgimento e la pianificazione delle attività portuali sembrano procedere di pari passo con lo studio e l’adozione di misure volte a contenere il degrado e l’inquinamento ambientale. Gli effetti non sono molti nell’immediato, ma promettono di esserlo nel medio e lungo periodo.
In città, invece, lo sviluppo generale delle attività umane e la cura per l’idonea configurazione del tessuto urbano sembrano procedere su due direttrici distinte e indipendenti per effetto di una “storica” disattenzione delle amministrazioni comunali verso le problematiche urbanistiche. Nei convulsi anni sessanta c’era stato un momento in cui il governo locale era riuscito a concepire un progetto inteso a dare alla città un assetto, un ordine, una fisionomia proiettati nel futuro. Era accaduto con il varo del piano regolatore Piccinato. Ma, come è ampiamente noto, il progetto, realistico e al contempo coraggioso, era stato, nel tempo largamente disatteso e poi letteralmente stravolto sia dalla necessità di apprestare nuove case sia dalla speculazione edilizia. Con il passare dei decenni variava anche il quadro normativo e si poneva il problema di elaborare un nuovo piano regolatore. Ma le giunte comunali, non potendo trovare i vasti consensi necessari per enucleare un documento di pianificazione di così grande portata, assumevano decisioni di natura edilizia collezionando varianti su varianti, e addirittura varianti alle varianti al vecchio piano regolatore. E la previsione di espansioni dell’abitato che non obbediscono ad alcun disegno complessivo tuttora continua.
Per effetto di un tale scompenso abbiamo creato una realtà urbana che è scaturita dalla semplice aggiunzione di parti nuove al nucleo più antico, caratterizzata dall’eterogeneità e dal disordine edilizio, affollata da edifici per lo più sovradimensionati e di scarso pregio architettonico. E periferie cresciute spesso in modo spontaneistico e che versano tuttora in una condizione di separatezza e di dipendenza dal centro. Nel complesso è minima è la funzione assolta dai giardini e dal verde. C’è chi sostiene che non è il caso di allarmarsi per la carenza di equilibrio e armonia del contesto urbano, per l’accentramento in piccole aree di grosse costruzioni, per la illogica espansione delle periferie. Ma noi pensiamo che occorra guardare alle implicazioni delle scelte che si fanno. Perché la continua sottrazione di spazi alla campagna, considerati gli indici di edificazione raggiunti, è semplicemente uno scempio ambientale. Sotto l’aspetto sociale, poi, è facile capire che il superamento di certe soglie critiche fa sì che ad ogni incremento aritmetico delle dimensioni di un’istituzione corrisponda un incremento geometrico dei problemi relativi alla sua gestione. Per cui anche gli aggregati umani devono avere dimensioni appropriate alle funzioni che svolgono poiché la causa di tutte le forme di miseria urbana e costituita dalla grandezza.
Nei grossi agglomerati mancano i parcheggi, difetta il verde, si creano problemi di convivenza, si incentiva la delinquenza. Costruire decine e decine di stabili magari di notevole altezza laddove era prevista una minima quantità di palazzine significa trovarsi fuori misura circa l’adeguatezza di condutture idriche, fognature, strade, parcheggi. E la carenza di parcheggi è a nostro avviso uno dei grossi problemi creati da questo tipo di sviluppo edilizio, e che, per i disagi che procura, va urgentemente affrontato e risolto. Sono considerazioni che abbiamo già fatto e che ci auguriamo vengano condivise da tutti coloro che hanno la possibilità di delineare e correggere il profilo urbanistico cittadino.

Il Consiglio direttivo del Polo Civico