SANTA MARINELLA – Si è conclusa questa mattina la seconda ondata di occupazione delle scuole di Civitavecchia e di S. Marinella. Tre giorni e due notti per protestare contro la tragica situazione in cui versa la scuola italiana e contro gli attuali tagli che stanno mettendo in ginocchio una realtà già ridotta agli stenti. Una occupazione pacifica che, dall’istituto Via Adige, passando per l’Ipsia Calamatta, il Baccelli e lo Scientifico Galilei di S. Marinella, ha dimostrato per prima cosa la consapevolezza dei ragazzi rispetto alla loro mobilitazione, con un fronte spesso unito tra docenti e studenti. Situazione riscontrata ad esempio al “Galilei” di S. Marinella dove siamo andati ad intervistare alcuni ragazzi.
“Questa protesta è diversa da tutte le altre – ha dichiarato la docente e consigliere comunale Paola Rocchi – i ragazzi hanno dimostrato serietà e concretezza e noi insegnanti siamo stati solidali con loro. Naturalmente abbiamo tentato di dissuaderli dalla volontà di occupare ma per il resto siamo uniti nella protesta, la lotta è la stessa”. Stavolta è la scuola intera a combattere per la propria sopravvivenza: presidi, docenti, operatori scolastici, alunni, genitori degli alunni, tutti uniti per sperare in un futuro migliore. Per dimostrare che la protesta è per la scuola e non contro la scuola, durante l’occupazione è stato garantito e anzi difeso il diritto allo studio facendo sì che chi volesse partecipare alle lezioni e non prendere parte all’autogestione potesse farlo tranquillamente. I docenti erano infatti presenti e disponibili come sempre, hanno strutturato lezioni alternative, di recupero e di approfondimento, per non far perdere nulla del programma ai ragazzi che invece erano in autogestione o comunque erano impegnati su altri fronti della protesta. In molti infatti hanno partecipato a piccoli gruppi di lavoro che hanno svolto azioni di piccola manutenzione che spetterebbero invece alla Provincia e che, per mancanza di fondi, non sono stati portati avanti da tempo. Gli studenti hanno tagliato l’erba, aggiustato serrande, dipinto pareti, pulito scritte, fatto tutte quelle piccole cose per far capire che la scuola è importante per loro. “Sono molto arrabbiata per la situazione scolastica italiana, già stavamo affogando così, adesso con la proposta del Ddl.953 ex Aprea è arrivata l’onda”, dichiara una ragazza del quinto anno. “La scuola italiana ha una pessima reputazione ma è fatta di professori preparati e motivati, appassionati e arrabbiati, di studenti volenterosi e preoccupati, di persone che ogni giorno si ritrovano a vivere disagi concreti che tentano di superare insieme come meglio possono – spiega un ragazzo dell’ultimo anno – Ci siamo stufati tutti di questa situazione, la scuola italiana potrebbe essere ai primi posti su scala mondiale e invece così ci tolgono anche la possibilità di sopravvivere. Il prossimo anno andrò all’università e tutti mi dicono di pensare di andare a farla all’estero…cosa vuol dire? Che il diritto allo studio in Italia non è più garantito? Invece di andare avanti andiamo indietro mi sembra”. La protesta è rivolta allo Stato e non all’Istituto in sé, è un appello a chi potrebbe garantire un futuro ai giovani e invece gli sta negando anche il presente, un urlo di rabbia ma anche di speranza, speranza in un disegno di vita da poter provare a seguire senza la sensazione che sia tutto inutile. In gioco stavolta c’è molto di più, in gioco stavolta c’è il futuro e la battaglia è appena cominciata. Alunni e docenti promettono che la lotta continuerà, con altre forme e modalità, ma siamo solo all’inizio.
Francesca Ivol