“Grandangolo”. Quando l’esperienza accanto ai malati ti cambia la vita

CIVITAVECCHIA – Nel nostro girovagare per il mondo del volontariato, questa volta la rubrica settimanale “Grandangolo” ha voluto approfondire la conoscenza con Giulio spinelli, dal 2010 presidente dell’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) della sottosezione di Civitavecchia e Tarquinia. La sua esperienza all’interno dell’Unitalsi parte da lontano, intorno agli anni 90, in cui ha lavorato molto al fianco di numerosi volontari che come lui si sono presi cura di tante persone malate, disabili, giovani e anziani. Tante storie che si intrecciano e che entrano nel cuore per non uscirne più. “Il bagaglio delle attività è grande come pure i ricordi – racconta Spinelli – ma forse qualche esperienza mi ha particolarmente segnato come il ricordo dei bambini malati di tumore dell’Ospedale Gemelli di Roma. Molti oggi non sono più tra noi ma la memoria di ciascuno di loro e delle famiglie è ancora viva e indimenticabile”.
Di cosa si occupa l’Unitalsi? “E’ un’associazione ecclesiale – spiega Spinelli – riconosciuta dalla Cei e nata più di cento anni fa grazie a un cittadino romano ammalato recatosi a Lourdes con una pistola con il preciso intento di compiere un gesto disperato se non avesse ottenuto la guarigione. Però quel luogo sacro fece cambiare i suoi piani di morte. Si accorse, innanzitutto, che non era il solo ad essere ammalato, ma si rese contro soprattutto dell’amore dei volontari verso i malati. Al suo ritorno a Roma fondò l’Unitalsi il cui scopo doveva essere quello di accompagnare i malati nei pellegrinaggi a Lourdes e a Fatima”.
“Ancora oggi – prosegue – l’associazione si occupa dei malati. I volontari infatti li accudiscono in ogni momento della giornata e durante ogni tipo di attività, pensando nel dettaglio a ogni cosa: li lavano, li aiutano a vestirsi e a mangiare, li accompagnano fuori e soprattutto donano loro tanto amore. Per fare tutto ciò, i volontari seguono specifici corsi che insegnano loro a stare accanto agli ammalati nel modo giusto e a rendere l’assistenza più appropriata per ciascuno. Prima di ogni pellegrinaggio i volontari fanno attenti sopralluoghi negli alberghi, per valutare se possono dare ospitalità alle persone con handicap, come visionare gli ascensori che devono essere sufficientemente grandi per contenere le carrozzine dei disabili. Se all’esito dei controlli tutto è a posto solo allora si potrà dare seguito al trasferimento dei malati. La vita del volontario durante questi pellegrinaggi è piuttosto frenetica: sveglia alle ore cinque, cinque e trenta la mattina. Poi si va in corsia dove si comincia ad alzare gli ammalati per la colazione e, a seguire, si prosegue con il trasporto per le varie cerimonie. Il volontario non ha soste, ad eccezione dei pasti e del momento del riposo serale, a volte solo a mezzanotte”.
A questo punto chiediamo al presidente se il malato può usufruire di questa assistenza in maniera gratuita oppure se deve sopportare dei costi. Ci risponde che “l’Unitalsi è gratuita per famiglie indigenti mentre tutti gli altri, compresi i volontari, pagano circa 700 euro per sei giorni, comprensivi del viaggio e della permanenza effettiva”.
L’episodio che ha spinto Spinelli a diventare volontario Unitalsi risale a qualche anno fa: “Mi trovavo alla stazione di Roma – racconta – e vidi passare un ‘treno bianco’ che partiva per un pellegrinaggio. Alla vista di quei fratelli così sfortunati ho pensato che un giorno anche io avrei voluto dare una mano. Tempo dopo incontrai un amico che mi racconta della sua attività come volontario nell’Unitalsi e cosi decisi di farne parte. La partecipazione al primo pellegrinaggio a Lourdes negli anni novanta è stata dura: il primo pensiero fu di fuggire di fronte a tutto quel dolore e a quella sofferenza ma subito dopo sono riuscito a superarlo”.
Consiglierebbe a qualcun altro di entrare a far parte dell’Unitalsi come volontario? A spinelli si illumina lo sguardo quando ci racconta della sua esperienza di vita. “Non solo la consiglierei ma dovete sapere che su dieci persone, nove ritornano per il posto e per l’atmosfera di pace vissuta. Sarebbe bello poter portare queste esperienze nella vita di tutti i giorni”.