L’incubo nucleare nella città fantasma di Saligny

salignySaligny è il tipico villaggio romeno: strade polverose, niente acqua corrente e illuminazione praticamente inesistente. Situato nella parte sud-est del paese, vicino al Mar Nero, dal 1996 osserva da vicino e non senza apprensione nella località di Cernavoda, l’attività dell’unica centrale nucleare della Romania; ma la situazione per gli abitanti del paesino si appresta a peggiorare, dato che il 2 agosto il consiglio comunale ha dato il via libera al progetto dell’Agenzia nucleare per le scorie radioattive (Andr) e dunque Saligny  si appresta ad accogliere nel suo sottosuolo calcareo le scorie radioattive della centrale nucleare di Cernavoda, a una decina di chilometri di distanza. Il recente ricordo dell’incidente della centrale giapponese di Fukushima ossessiona però la popolazione locale. Solo il sindaco, Gabriel Tatulescu, e la sua giunta non condividono le inquietudini degli abitanti. “Con questo sito avremo molti vantaggi: strade, acqua corrente, un impianto fognario e l’illuminazione. Non cederemo facilmente, ma cercheremo di ottenere il massimo delle infrastrutture per il comune. In ogni modo ho intenzione di organizzare un referendum”.
Il villaggio porta il nome  di  Anghel Saligny, un pioniere nella costruzione di ponti e di strade della fine del diciannovesimo secolo; ha costruito a Cernavoda un ponte sul Danubio che mantiene inalterato tutto il suo splendore. Negli anni ottanta Ceausescu aveva deciso di costruire una centrale nucleare nella città di Cernavoda. Ceausescu aveva rifiutato la cooperazione di Mosca e si era rivolto ai canadesi e alla tecnologia Candu, a base di uranio non arricchito e di acqua pesante pressurizzata. A lungo termine questa tecnologia doveva permettere alla Romania di dotarsi della bomba atomica. Ma la caduta del regime comunista nel 1989 e la condanna a morte del dittatore romeno hanno messo fine a questo progetto. Così a Cernavoda il cantiere dei cinque reattori della centrale fu abbandonato, mentre la Romania attraversava una lunga fase di transizione economica e politica. Solo nel 1996 il primo dei cinque reattori è entrato in funzione e il secondo ha cominciato a funzionare nel 2007. Con la loro potenza di 750 megawatt ciascuno, assicurano oggi il 20 per cento delle esigenze energetiche del paese.
Mentre i residui più radioattivi sono conservati all’interno della centrale, gli altri prodotti contaminati si sono accumulati e il loro stoccaggio è diventato problematico. Gli esperti hanno concluso che il villaggio di Saligny riuniva tutte le condizioni richieste. Così un terreno di una quarantina di ettari è stato scelto per ospitare 64 celle in cemento su tre livelli. Ma il progetto non raccoglie consensi unanimi nel villaggio, spaventato anche dai recenti fatti di cronaca dal Giappone, eppure le autorità romene non vogliono rimettere in discussione il vasto programma nucleare previsto per i decenni futuri. Il governo romeno progetta di costruire due nuovi reattori a Cernavoda grazie a una collaborazione pubblico-privata da quattro miliardi di euro.