Ancora lontano probabilmente da una lucida analisi del voto, in queste ore immediatamente successive all’esito del ballottaggio il popolo del centrodestra sta addebitando la sconfitta elettorale al tradimento di centinaia di militanti e simpatizzanti che al secondo turno avrebbero dirottato il loro voto su Pietro Tidei. Una spiegazione dell’insuccesso moscheriniano sconfessata e contraddetta tuttavia da un dato inoppugnabile: tra primo e secondo turno Moscherini non ha perso bensì guadagnato voti. Mille per l’esattezza, che non sono certo pochi. E con mille voti in più risulta difficile comprendere in che modo qualcuno abbia tradito. La realtà dei fatti è che a fronte dei mille voti guadagnati da Moscherini ce ne sono stati 3.000 in più conquistati da Tidei, peraltro con una affluenza inferiore di quasi quindici punti percentuali. E la ragione della sconfitta è tutta qui. Semmai la domanda da porsi è perché 3 persone su 4, che evidentemente al primo turno non avevano espresso alcuna preferenza tra questi due contendenti, abbiano deciso quindici giorni dopo di sostenere il candidato del centrosinistra.
Un candidato, Tidei, vale la pena sottolinearlo, che a sinistra e al centro, oltre che nei movimenti, in questi anni aveva perso molti consensi, attirandosi in alcuni casi anche vere e proprie antipatie. Fatto che doveva in teoria porgere su un piatto d’argento la vittoria a Moscherini. Ma così non è stato ed è su questo, anziché dare la caccia ai traditori, che il popolo del centrodestra dovrebbe interrogarsi. Perché è evidente che l’antipatia, la sfiducia, il disamore o l’avversione che il primo cittadino ha generato tra molte persone in questi cinque anni attorno alla sua figura sono stati così grandi da fargli preferire in molti casi “l’antipatico” Tidei.
E la campagna elettorale di Moscherini e del suo staff è stata giocata in modo grossolano e assai poco strategico proprio su questa avvilente e perdente logica: dimostrare chi era il più antipatico.
La sintesi della sconfitta di Moscherini sta tutta, a mio avviso, nella incursione di due suoi collaboratori-giornalisti nella casa Tidei 48 ore prima delle elezioni. Non critico ovviamente, da giornalista, l’incursione in sé nella proprietà privata di una persona; se c’è una notizia degna di nota, una illegalità da portare alla luce e un reato da denunciare alla pubblica opinione, è il nostro mestiere ed è un servigio che si rende alla libertà di informazione. Ma tutto questo non si è verificato. E a poche ore dal voto, per conquistare la fiducia di elettori poco interessati alle strade di casa Tidei e molto più ai programmi per contrastare disoccupazione, inquinamento e corruzione, quella era sicuramente l’ultima strada da percorrere.
La realtà dei fatti è che di programmi concreti Moscherini e il centrodestra hanno parlato davvero poco in tre mesi. Hanno tentato di farlo, quasi disperatamente, nelle ultime settimane, proponendo tuttavia ai cittadini non soluzioni ma scenari surreali. Prospettare a pochi giorni dal voto 6000 posti di lavoro nelle nuove Terme, raccogliere successivamente curriculum per una struttura ancora inesistente e che vedrà la luce solo tra molti anni, attraverso corsi di formazione inesistenti e nemmeno finanziati, è stato visto da molti cittadini come una autentica offesa alla dignità delle persone e dei disoccupati, con la odiosa sensazione che si stesse cavalcando la loro disperazione occupazionale.
A questo credo che molti di quei 3.000 cittadini che nel secondo turno hanno votato Tidei si sono fieramente opposti, bocciando le Larghe intese. E bocciando una campagna elettorale basata principalmente su cene e feste dispendiose, su pranzi offerti ad una intera comunità romena, su un proliferare imbarazzante di comitati elettorali di singoli candidati al Consiglio comunale, su una città e su categorie (associazioni, comitati di quartiere, gruppi di residenti) inascoltate per cinque anni e all’ultimo momento invitate al voto, sulla mancata condanna di un rappresentante dell’Amministrazione indagato per false promesse di lavoro, sulla negazione degli abusi urbanistici commessi, sull’accusa di trasformismo a Mecozzi e Balloni dopo che le Larghe intese si sono fondate e consolidate per loro natura sulla presenza di trasformisti che nelle loro file abbondano a profusione.
Si è pensato, in sintesi, che con la disponibilità del potere e di ingenti risorse economiche era comunque possibile ottenere la maggioranza dei voti. Capita talvolta, e per fortuna, che questo non accada.
Marco Galice