Le elezioni senza vincitori

comuneL’immediato post voto amministrativo ha consegnato ai cittadini di Civitavecchia il consueto copione: tutti esultano ritenendosi vincitori. Festeggiamenti virtuali probabilmente, perché un’analisi attenta del voto dimostra realtà opposte rispetto a quelle celebrate da chi canta vittoria.
In primo luogo il Sindaco Moscherini che, pur essendo il candidato più votato al primo turno, omette nei suoi commenti il dato più rilevante: rispetto alle elezioni di cinque anni fa ha perso oltre 6.000 voti e 17 punti percentuali. Per un primo cittadino uscente, nonostante Moscherini parli spavaldamente di cittadini che hanno premiato il suo operato, il giudizio della città sui suoi cinque anni di Amministrazione è alquanto impietoso. Sono davvero pochi in Italia i sindaci di grandi città che, dopo un mandato, arretrano di così tanti punti percentuali. Ma la sua falsa analisi del voto diramata da Palazzo del Pincio trova senz’altro giustificazione nella nuova campagna elettorale in vista del ballottaggio in cui ogni strumento, pur di raggiungere il successo, è lecito. Comprese promesse come 5.000 posti di lavoro in un impianto termale.
Non può festeggiare nemmeno Pietro Tidei. Sul suo 36% pesano indiscutibilmente le candidature a sinistra di Giovanni Ghirga, Simona Ricotti e dei grillini, che lo hanno privato di quella percentuale che poteva consentirgli una vittoria al primo turno. Ma è un dato di fatto che gli 11.633 voti raccolti sono al di sotto delle aspettative e lontani da quei sondaggi sgangherati che, se non vincitore al primo turno, lo davano comunque abbondantemente in vantaggio su Moscherini. Segno che la sua candidatura, al momento, non ha raccolto a dovere il dissenso nei confronti dell’Amministrazione uscente. Vedremo ora se ci riuscirà al ballottaggio.
Di certo, e questo è il dato sicuramente più rilevante, a fronte di un elettorato potenziale di 43.000 elettori, Tidei e Moscherini hanno raccolto individualmente appena il 25% delle preferenze. Tanto quanto l’ipotetico candidato sindaco dei cittadini che non si sono recati alle urne: “un mister X” che oggi raccoglie lo stesso identico consensi dei due principali contendenti. E, dato ancor più rilevante, Moscherini e Tidei insieme raccolgono poco più del 50% dei consensi dei civitavecchiesi. Su questo dato occorrerebbe riflettere.
Il consenso raccolto da Ghirga e da Porrello, invece, è sicuramente un risultato positivo in termini di voti guadagnati; ma politicamente inconcludente e incapace di produrre un reale spazio di agibilità: il primo, comunque vadano le cose, non troverà posto in Consiglio comunale; il secondo, in attesa di sciogliere i complicati dubbi sulla ripartizione dei seggi in base a cui potrebbe entrare all’Aula Pucci in caso di vittoria di Moscherini e restarne fuori in caso di un successo di Tidei, si ritrova comunque isolato (così come Mirko Mecozzi). E sarà veramente difficile dare respiro a quella fresca ventata di candidati giovani, onesti e preparati che hanno caratterizzato la lista dei grillini; un patrimonio che la città, a fronte dei soliti noti che entreranno all’aula Pucci, non può permettersi di disperdere. In sostanza, una candidatura unitaria tra grillini e area Ghirga, viste anche le loro “affinità elettive”, con qualche egoismo in meno avrebbe sicuramente potuto produrre migliori frutti.
E proprio l’individualismo, e forse anche un po’ di presunzione, è alla base degli insuccessi di Francesco Cappellani, Alvaro Balloni e Simona Ricotti, la cui corsa solitaria si è rivelata catastrofica in termini elettorali. Quasi imbarazzante commentare poi lo 0,8% raccolto da Aldo De Marco, a capo di una lista, “Io non ci sto”, che nel nome riassume meglio di qualunque altra perifrasi la sua impalpabilità elettorale.
Alla luce di tutto ciò, possono allora esultare almeno quei candidati consiglieri che hanno raccolto centinaia di voti? Personalmente gli exploit di consensi nella corsa al’aula Pucci mi spaventano. Sulla base di una mia modesta esperienza in Consiglio comunale so quanto è incredibilmente difficile oltrepassare le 200 preferenze con una campagna elettorale onesta, in cui si “vendono” solamente il proprio entusiasmo e la propria onestà. Quando le preferenze personali schizzano sopra quota 400, magari con una candidatura dal nulla e senza nemmeno un lungo passato di militanza politica e istituzionale che può certamente giustificare una tale di portata di consensi, mi viene sempre il dubbio che non si siano “venduti” agli elettori solamente entusiasmo ed onestà, ma forse anche qualcos’altro.

Marco Galice