CIVITAVECCHIA – Una grande risposta quella che i cittadini civitavecchiesi hanno dato quest’oggi nell’incontro svoltosi all’aula Pucci “Premio Libera Informazione – Primo memorial Sandro Mecozzi”, organizzato dall’associazione “Cecafumo”, a cui sono intervenuti Marco Travaglio, al quale è stato consegnato il premio proprio dalla famiglia del professor Mecozzi, e il presidente del tribunale di Civitavecchia Mario Almerighi. Gente in piedi nell’aula consiliare e fino all’atrio di ingresso per un avvenimento che ha richiamato una folla come da anni non se ne vedeva in città per un dibattito pubblico.
Tema caldo della conferenza la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura e i rapporti di queste due categorie con la politica. Il primo ad intervenire è stato proprio il magistrato Almerighi, introdotto dagli organizzatori dell’evento Nicola Guzzone, Davide Stella e Marco Galice, il quale ha toccato molti punti dirimenti nel rapporto giustizia e politica; un rapporto spesso conflittuale, ha sottolineato, e non da oggi, trattandosi di una contrapposizione che si sviluppa in Italia già dagli anni ’70. Tra i temi più attuali toccati dal Presidente del Tribunale anche il processo breve, da lui definito in realtà “un processo morto” a significare l’impossibilità, con questa norma, di portare realmente a compimento un procedimento giudiziario. Almerighi ha poi rivolto un appello ai giovani (tantissimi quelli presenti oggi) che non hanno vissuto il fascismo: “Andate ad Auschwitz, dovete vedere quello che la dittatura produce”, prima di concludere con una citazione di Bob Dylan, dedicata proprio ai giovani, che ha strappato applausi: “Essere giovani significa lasciare aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro.”
Ha preso poi la parola Marco Travaglio, che con il suo proverbiale stile graffiante e a tratti irriverente, in un crescendo di stoccate che hanno strappato a più riprese applausi, ha toccato tutti i temi più attuali della politica italiana soffermandosi ovviamente sulla libertà di informazione: “Le categorie professionali dei magistrati e dei giornalisti sono quelle più attaccate in questo periodo e questo perché in realtà hanno funzioni molto simili tra loro: entrambe puntano ad ottenere la verità e solo se viene loro consentito di ottenerla si è in una democrazia. Il potere non gradisce di essere controllato e sta colpendo tutta la magistratura e tutta la stampa per colpire coloro che hanno ancora intenzione di fare per bene il loro mestiere”.
Tante, troppe, le verità che secondo Travaglio si stanno cercando volutamente di occultare agli italiani. “Invece di sapere che Berlusconi e Dell’Utri – ha continuato – sono indagati da un anno e lo saranno ancora per il prossimo come mandanti delle stragi del ’93, sappiamo che il cognato di Fini ha una casa a Montecarlo e che il suo affitto è basso. L’unica notizia che da due mesi a questa parte ci viene propinata. Se la stampa fosse libera, avremmo un quadro molto più chiaro dello scenario politico e si andrebbe verso un rinnovamento della classe dirigente; se la magistratura fosse libera quelle stesse persone che siedono in Parlamento siederebbero in galera”. Durissimo l’attacco anche al mondo delle banche e al suo stretto intreccio con la politica: “Quando i banchieri italiani si riuniscono a parlare di economia in qualche convegno sembra di assistere all’ora d’aria di Regina Coeli”. Un’ironia tagliente che non ha però nascosto l’amarezza per la gravità della situazione italiana. “La verità è che siamo in un regime e nessuno ha il coraggio di dirlo” ha concluso Travaglio tra gli applausi delle centinaia e centinaia di cittadini “che resistono”.