Molti di voi avranno notato anche nella nostra città la presenza ?di manifesti che pubblicizzano alcune mostre dedicate ai più giovani e allestite a Roma: non passano certo inosservati un testone di tirannosauro e neanche un enorme casco bianco da astronauta che sembrano uscire dai poster.
Sono due delle cinque mostre attualmente proposte da uno spazio espositivo di Roma in forte ascesa: il Guido Reni District, situato nell’omonima strada, proprio davanti al più famoso MAXXI. Un progetto di recupero ambizioso gestito da un’agenzia privata che ha convertito la ex caserma in un enorme e funzionale location per mostre dal taglio molto popolare.
Sto seguendo con attenzione la sua programmazione iniziata circa un anno fa, cedendo talvolta alla curiosità di ficcarci il naso con la mia bambina; sì perché le mostre proposte dal Guido Reni District sono prevalentemente dedicate ai più giovani puntando su temi di forte richiamo e su allestimenti legati alla tecnologia.
La prima considerazione che mi viene da fare è che non possiamo certo essere scontenti di qualunque iniziativa porti i ragazzi a visitare una mostra, per quanto superficiale, piuttosto che vederli distratti da amenità improduttive. Ben venga questo sforzo economico e mediatico. Ma gli sforzi economici costano molto, con ripercussioni sul prezzo del biglietto, senza garantire peraltro la qualità del prodotto che anzi, visti i temi proposti, è piuttosto discontinua. Un esempio? Se volete visitare la sola mostra sui dinosauri dovrete sborsare in tre (genitori e bambino) 35 euro. Se volete visitare tutte e cinque le mostre si superano di molto i 100 euro, con il solo vantaggio di poterle visitare anche in giorni diversi. Ne vale la pena? Questione di tasche e di gusti.
Dinosaur Invasion, la mostra sui dinosauri, è l’ennesima carrellata di ricostruzioni scala 1:1, semoventi, semiparlanti e semi-scenografiche. Una proposta didatticamente povera che ai bambini piacerà moltissimo lasciando i grandi con qualche perplessità una volta usciti.
Cosmos Discovery, invece, è una spettacolare produzione che offre un’avvincente ricostruzione storica dell’astronautica mondiale, dai primi missili alle più recenti sonde cometarie e planetarie. Il materiale esposto nelle numerose sale è davvero corposo: splendide foto, video d’epoca originali, pannelli molto godibili, ma soprattutto numerose ricostruzioni di navicelle, di satelliti, di attrezzature con oltre 250 cimeli originali come tute spaziali e sacchetti di cibo liofilizzato arrivate sulla Luna.
Gli appassionati del genere, quelli non a digiuno sull’argomento, faticheranno a trovare approfondimenti tecnici di particolare interesse, ma la mostra raggiunge lo scopo: diverte e dà una misura tangibile delle difficoltà e delle restrizioni correlate alle missioni spaziali, suscitando più di un brivido. Penso che sia un’esperienza molto istruttiva che i ragazzi dovrebbero provare. Biglietto troppo caro.
Trovo non ci sia nulla da dire sulle altre tre mostre che si commentano da sole e che potete scoprire sul sito internet della struttura. Una di queste, però, merita un piccola riflessione a parte.
Brikmania, quella sui celebri mattoncini della Lego, ripropone (sta diventando una mania) tanti modellini che fanno impazzire i giovanissimi. Il pezzo forte è una riproduzione del Titanic lunga 7 metri. A tal proposito qualcuno di voi avrà letto di quei due bambini romani di origine barbarica che due settimane or sono, momentaneamente fuori controllo, sono saliti di nascosto sulla nave e hanno cominciato a saltarci sopra finendo per spezzarla in due? Con tanto di clamoroso seguito a suon di denunce da parte degli organizzatori ed un danno stimato in 1.500 euro che i genitori, lì per lì disponibilissimi a raccogliere i mattoncini volati per tutta la sala, non hanno voluto pagare.
Una notizia emblematica che mi ha fatto sorridere, anzi mi ha fatto sogghignare, non solo per l’ennesimo “affondamento” del Titanic, ma anche perché quei bambini, sebbene colpevoli di un gesto deprecabile, meriterebbero un minimo di indulgenza in ragione del tipo di mostra in cui è avvenuto il misfatto. Non è la prima volta, infatti, che vengono esposte queste sculture ludiche in allestimenti dove sono previsti anche appositi spazi per giocare liberamente con i Lego. Per i visitatori più piccoli non è così scontato cogliere la differenza tra ciò che si può toccare e ciò che proprio non si deve avvicinare: in fondo ci si trova davanti “soltanto” a delle sculture in mattoncini Lego. Stiamo parlando veramente di un’opera d’arte? Argomento interessante. Aspetti contraddittori di questi nuovi luna park della cultura.
Michele Galice