CIVITAVECCHIA – E’ mia intenzione, attraverso questa nota, sviluppare alcune schematiche riflessioni – in parte fuori dal ruolo di dirigente CGIL – intorno alla straordinaria partecipazione che ha segnato la manifestazione per il 70° anniversario della Liberazione a Civitavecchia.
Riflessioni che, partendo dal perimetro di questa città, hanno l’ambizione di traguardare verso una dimensione territoriale più ampia e di inserirsi in un “convulso e complicato” dibattito sociale e politico di carattere nazionale, che appare sempre più astruso ed incomprensibile e, soprattutto, lontanissimo rispetto ai bisogni e alle aspettative del Paese.
Siamo di fatto in presenza di una deriva della politica che prosegue nel solco di quel fenomeno “devastante” per la democrazia, la cultura, l’etica sociale e che va sotto il nome di “berlusconismo”, inteso come “leaderismo assoluto”, disprezzo per il ruolo del Parlamento, dei corpi sociali intermedi, delle stesse “autonomie locali”.
Sta per essere approvata una legge elettorale (Italicum) al paragone della quale la legge Acerbo (del periodo fascista) e quella del Governo De Gasperis (definita legge truffa) appaiono di gran lunga meno antidemocratiche e reazionarie.
Siamo di fronte complessivamente, ad una vera e propria “emergenza democratica”, ad un tentativo di affossare i principi e i valori fondanti della Costituzione italiana, nata dalla Resistenza antifascista e dalla lotta di Liberazione. Si stanno demolendo i diritti fondamentali e costituzionali del lavoro e dei lavoratori, alla scuola, alla sanità, al sociale. Il Paese è sempre più povero e diviso, aumentano la disoccupazione, le iniquità e le diseguaglianze sociali.
Sono amare considerazioni alla vigilia di un 1° maggio – Festa internazionale dei Lavoratori – che vede il nostro Paese sempre più segnato da licenziamenti, disoccupazione e sempre meno “fondato” sul Lavoro, come recita la Costituzione.
La mobilitazione sindacale, agita in particolare dalla CGIL, per cambiare le politiche del Governo da sola non basta. Vi è bisogno che la stessa CGIL, a partire dai territori, sia protagonista di un progetto più ampio finalizzato a ricostruire un nuovo tessuto sociale attraverso una trama da tessere insieme a tanti altri soggetti: associazioni, movimenti, singole persone che si riconoscono intorno ai valori fondanti della nostra Costituzione, che credono nella partecipazione e nel protagonismo delle masse come strumenti per modificare in meglio il corso delle cose.
Dal mio “osservatorio”, che guarda al territorio largo dei Municipi di Roma nord e dei comuni a nord della provincia di Roma, ho l’impressione che in tantissimi hanno la volontà di non rassegnarsi all’esistente, di coltivare ancora la speranza in un possibile cambiamento.
Ne è riprova la nutritissima presenza e lo spirito che hanno animato la manifestazione del 25 aprile a Civitavecchia, pur preparata in tempi brevi e non particolarmente divulgata. Al di là dei sindacati, delle associazioni, dei partiti che hanno promosso ed aderito è stata una manifestazione che ha visto scendere in piazza, con entusiasmo e voglia di battersi, lavoratori, pensionati e studenti, disoccupati, precari, giovani e anziani, immigrati.
E’ un “patrimonio da non disperdere”, come non vanno disperse le tante altre esperienze, delle quali ho conoscenza diretta, presenti nel largo territorio oggi compreso nella parte nord dell’area metropolitana di Roma.
L’dea che mi sento di avanzare è quella di definire forme associative (libere, democratiche e pluraliste) e/o luoghi, strutturati e duraturi, di discussione e di confronto, mettendo al centro i valori fondanti della nostra Costituzione.
Uno degli strumenti potrebbe essere quello della “ricostituzione” in chiave moderna delle “case del popolo”, in ogni comune, in ogni Municipio. Luoghi di incontro, confronto, elaborazione ed insieme – soprattutto in questa stagione di crisi e crescente disagio sociale – di risposta ai bisogni e alle esigenze delle persone e delle famiglie, attraverso l’erogazione di servizi ed aiuti solidali.
E’ un tema che lancio a Civitavecchia e nel largo territorio prima descritto, sul quale intendo impegnarmi soggettivamente per verificare convergenze, interessi da parte di militanti di forze politiche e sociali, associazioni, movimenti, amministratori e consiglieri di Comuni e Municipi, singole persone.
La Resistenza italiana è stata definita in tanti modi, da molti anche come una “rivoluzione sociale”, capace di sovvertire la dittatura e riaffermare la libertà e la democrazia.
Oggi vi è bisogno di una nuova larga e plurale “aggregazione sociale”, per affrontare i problemi del territorio (che a partire da quelli connessi al lavoro sono tanti e complessi) dando un contributo parziale di idee, iniziative ed esperienza per cambiare nel “verso giusto” anche la politica nazionale. Vi è bisogno di una nuova, moderna ed efficace “rivoluzione sociale”, per riaffermare nuovamente i valori costituzionali di una Repubblica fondata sul Lavoro e sulla sovranità del popolo.
Cesare Caiazza