Lo strappo alla…dieta

Da piú di mezzo secolo detengono il primato nel campo dei regimi alimentari, sono diffuse in tutto il globo e conosciute con varie denominazioni che riportano tutte allo stesso concetto: le diete iperproteiche. Esse godono di un certo successo, molto gettonate ed acclamate perché, questo gli va riconosciuto, funzionano: permettono di perdere peso in poco tempo. Peccato che non forniscano una garanzia nel lungo termine, anzi, risulta difficile non riacquistare il peso perso con gli interessi.
Le diete iperproteiche si basano su una netta riduzione della quota di carboidrati, con aumento di quella riservata alle proteine e ai lipidi. In tal modo, mancando buona parte di carboidrati da utilizzare a scopo energetico,l’organismo tende a sfruttare i grassi alimentari come prima fonte di carburante, evitando quindi la loro conversione in grasso.
Questi regimi hanno un impatto metabolico davvero rilevante, con conseguenze a livello sistemico.
Ad esempio, a livello organico, un eccesso di proteine potrebbe affaticare i reni, in quanto la loro degradazione produce scorie azotate come l’ammoniaca, che per essere catabolizzata viene trasformata dal rene in urea, e il fegato, perché proprio a livello epatico avviene la deaminazione proteica, processo mediante il quale le proteine vengono smontate.
Le diete iperproteiche causano un’aumentata formazione di corpi chetonici, composti derivanti dall’ossidazione dei grassi, normalmente prodotti in piccole quantità dall’organismo e smaltiti da rene e polmoni. Se prodotti in eccesso, i corpi chetonici favoriscono l’instaurarsi di uno squilibrio acido-basico del sangue, portando ad un’eccessiva acidità.
Altra peculiarità di tali composti è uno dei meccanismi in cui contribuiscono a stimolare il dimagrimento: a lungo andare, infatti, divengono sostanze tossiche che “avvelenano” il centro dell’appetito situato a livello cerebrale,riducendo nettamente lo stimolo della fame.
Questi regimi alimentari, soprattutto se protratti nel tempo, rischiano di fare più male che bene, sia perché sono diete sbilanciate sia perché non forniscono educazione alimentare, ossia la capacità di saper utilizzare tutti i nutrienti.
Inoltre, potrebbe derivarne un messaggio fuorviante: data la bassa quota glucidica della dieta, si tende a scatenare un allarmismo nei confronti dei carboidrati, additati come nemici giurati del pesoforma perché “fanno ingrassare”. Certo, se vengono nuovamente introdotti non correttamente dopo svariato tempo in cui sono stati un alimento tabù, è inevitabile che l’organismo non sappia piú smaltirli nel modo giusto, inducendo un repentino aumento di peso; tuttavia, ciò è dovuto allo squilibrio che si è venuto a creare a monte, non al carboidrato di per sé. Invece, più che temerli, sarebbe bene imparare a conoscere i carboidrati, lavorando non solo sulla quantità bensì sulla qualità, in modo da saper distinguere quelli semplici da quelli complessi, gli integrali dai raffinati e via di seguito. Un approccio dietetico che preveda un aumento della razione proteica non è a priori da evitare, ma, se intrapreso,deve essere tenuto sotto controllo da uno specialista della nutrizione, in modo che possa essere monitorato costantemente per poi tornare ad un regime equilibrato. Assolutamente sconsigliabile invece affidarsi a diete del genere in regime fai da te, si rischia di fare più danni che non e di ritrovarsi intrappolati in un regime alimentare caotico e confusionario: proteine animali distribuite a caso e derivanti troppo spesso da alimenti ricchi anche di grassi saturi e colesterolo, di assumere poca fibra e di provocare carenze vitaminiche.
Inoltre, secondo quanto emerso da recenti studi, (tanto per citarne alcuni “the China Study”, pietra miliare degli studi epidemiologici, e uno studio svoltosi nel 2012 in California presso l’USC Davis, pubblicato su Cell) un’alimentazione eccessiva in proteine non sarebbe più innocua di altri sbilanciamenti di nutrienti.
Per eccesso proteico si intende un apporto di almeno il 20% delle kcal totali derivanti da fonti proteiche; quota molto vicina a quella consumata nel mondo occidentale,che si aggira intorno al 16%, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di attenersi attorno al 10%. Coloro che seguono una dieta ricca di proteine, specie se animali, hanno un rischio del 74% maggiore di morte prematura, rischio associato a malattie cardiovascolari, tumori, sindrome metabolica e diabete. Infatti, le proteine controllano i livelli di IGF-1, un fattore della crescita coinvolto nello sviiluppo fisico che, se troppo elevato, gioca un ruolo sfavorevole nella differenziazione e proliferazione cellulare.
Le maggiori imputate sono le proteine provenienti da carni rosse e trasformate (affettati,salumi ecc) e dal latte e suoi derivati, mentre, per quanto riguarda le proteine del pesce, non ci sono evidenze che risultino dannose allo stesso modo. Risultano invece avere effetto positivo e protettivo le proteine di origine vegetale, come quelle dei legumi e della soia.
In definitiva, non si vuole demonizzare il ruolo di tali proteine, (anzi, va ricordato che nella giusta dose esse sono fondamentali) quanto sottolineare il fatto che non vi è un nutriente da scartare o uno di cui abusare, il corretto funzionamento dell’organismo li richiede tutti nella giusta proporzione. La dieta che funziona non è quella che fa dimagrire prima, bensì quella che fa mantenere il peso ideale e che educa a seguire costantemente i principi della sana alimentazione senza grandi rinunce o sacrifici, perché il rapporto col cibo deve essere prima di tutto fonte di piacere, non di privazione.

Alessandra Stella