Anche Civitavecchia celebra la Giornata mondiale contro la pena di morte

CIVITAVECCHIA – Oggi pomeriggio, mercoledì 30 novembre, in occasione della Giornata mondiale delle Città per la Vita per un mondo senza la pena di morte, si svolgerà alle ore 18:30una cerimonia ufficiale presso Forte Michelangelo. La cerimonia prevede alcuni interventi dell’Amministrazione comunale, della comunità di sant’Egidio delle Associazioni e degli attivisti contro la pena di morte che portano avanti le loro campagne in alcuni paesi del mondo. Forte Michelangelo da questa sera e per tutta la notte sarà illuminato di una luce chiara, a significare l’impegno della Città di Civitavecchia a favore della vita.
Domani mattina, invece, alle ore 10,00 persso la sala Ennio Morricone della cittadella della Musica, gli studenti delle Scuole Secondarie (Liceo Alberghiero, Liceo Marconi e Istituto Calamatta) ascolteranno la testimonianza di Susan, 36 anni, arrestata nel 2000, condannata a morte nel 2002, che ha trascorso 14 nel braccio della morte di Kampala, in Uganda. Durante la detenzione ha studiato giurisprudenza con un programma di studio a distanza dell’Università di Londra e si è laureata nel 2014. E’ il primo detenuto nella storia dell’Uganda a ricevere un diploma in Legge. Ha inoltre aperto in carcere una scuola per le altre detenute.
Grazie ai suoi studi, Susan è riuscita a scrivere e presentare una petizione alla Corte Costituzionale insieme ad altri 416 detenuti, chiedendo che la pena di morte fosse considerata un trattamento inumano e degradante e incostituzionali le norme che ne prevedono l’obbligatorietà per alcuni reati (alto tradimento, terrorismo, rapina aggravata e omicidio). La Corte Costituzionale ugandese non ha abolito la pena di morte ma ha imposto la considerazione delle attenuanti durante i processi che prevedono la pena capitale. Il codice penale è stato modificato nel 2009. Susan e molti altri detenuti hanno ottenuto un nuovo processo in cui il giudice tenesse conto delle attenuanti ed è uscita di prigione nel gennaio 2016.
I lunghi anni di carcere non hanno consentito a Susan di crescere la figlia, che aveva due anni quando Susan fu condannata e che è stata cresciuta dai nonni. Per evitare che i figli dei detenuti che non hanno chi si occupa di loro diventino bambini di strada, preda di fame e sfruttamento, Susan ha fondato un’associazione, la Susan Kigula African Child Foundation. L’associazione promuove soprattutto l’inserimento scolastico dei bambini e il mantenimento del legame con i genitori.