CIVITAVECCHIA – Nella notte tra il 29 ed il 30 settembre del 1975 si consumava il massacro del Circeo, ad opera dei tre fascisti della Roma bene, Izzo, Guido e Ghira, da cui per puro miracolo usciva viva la giovane Donatella Colasanti, mentre la povera Rosaria Lopez rimaneva uccisa.
Quasi mezzo secolo è passato e la mattanza continua.
Donne bambine, trucidate perché Donne; lo stupro, ormai tragica quotidianità di una società indifferente alla violenza inferta, preoccupata solo di scoprirsi giustizialista quando può servire come strumento di attacco razzista, o giustificazionista, quando si tratta del “bravo giovane nostrano”, raddoppiando, se possibile, l’oltraggio. I femminicidi non sono semplici casi di cronaca nera, ma la riaffermazione di una pratica e di una cultura di soffocamento dei diritti, primo tra tutti quello alla piena consapevolezza del diritto alla libertà di essere donne, frutto di scelte politiche determinate da cui, per prime, ci siamo lasciate progressivamente travolgere senza reagire: ignorare le denunce non è distrazione o sottovalutazione, ma la definizione di priorità che non mettono al proprio apice la difesa delle donne!
Costringere delle donne, delle professioniste, a prestare la propria opera in un locale di guardia medica in totale solitudine, senza alcuna misura di sicurezza, non è una casualità, ma la precisa scelta politica di un governo che abbandona la sanità ed i suoi coraggiosi operatori, facendoli lavorare a rischio della propria personale incolumità!
Quella che viene frettolosamente liquidata come crisi di valori, cui in astratto si attribuisce l’origine delle efferatezze della nostra epoca, molto più realisticamente, è il triste risultato voluto, studiato e premeditato, del progetto di cancellazione dei principi della solidarietà e della giustizia sociale, operata con decenni di lobotomizzanti sistemi di comunicazione.
Il movimento di liberazione della donna ha rappresentato una delle massime punte di avanzamento nelle conquiste
sociali, nelle lotte per l’uguaglianza, la pari dignità e la cancellazione delle distinzioni di classe, imponendo nella vita sociale la differenza di genere, come momento più avanzato per l’emancipazione delle donne, oggetto di sfruttamento e segregazione sociale.
Non è certo un caso o una coincidenza che, il medesimo momento storico che vede le donne rigettate nel ruolo di mero oggetto di violenza, si combini al contempo con l’annientamento delle conquiste di civiltà di secoli di lotte del movimento operaio: con l’arretramento delle condizioni del mondo del lavoro sono sempre le donne a pagare il prezzo più salato, in termini sia fisici che culturali.
Uscendo dunque dalla riduttiva dimensione fatalistica e di cronaca nera, la riproposizione della questione femminile trova il suo compimento inquadrandosi in un contesto sociale di generale privazione dei diritti, che le vede come primo obiettivo da piegare, da assoggettare, da colpire.
A questa condizione di imbarbarimento è ormai una necessità urgente organizzare una reazione, ricollocando i diritti, in chiave moderna, all’interno dei conflitti di una lotta di classe quanto mai attuale.
Non è più rimandabile una ripresa di coscienza collettiva delle donne, contro un sistema discriminatorio che oggi si presenta ancor più subdolo e, come tale, difficile da scardinare.
In questo senso aderiamo alla mobilitazione promossa dalla segretaria generale della CGIL, Susanna Camusso, contro la violenza sulle donne per il prossimo 30 settembre, come primo passo per una nuova battaglia culturale delle donne, che sia il cuore di una nuova battaglia dei diritti.
Lucia Bartolini – Coordinatrice Sinistra Italiana Civitavecchia