S. Marinella. Il Piano casa della Polverini non convince

via delle colonieSANTA MARINELLA – Continuano le discussioni sul Piano Casa della Polverini. Così come è, non convince. A parlare, durante il convegno della Federazione di sinistra di Civitavecchia tenutosi ieri alle 17:00 alla Sala Flaminia Odescalchi di Santa Marinella, sono intervenuti membri del partito, Roberto Catracchia per la FdS, alcuni esponenti delle categorie produttive del territorio, il segretario della Camera del lavoro Cgil di Civitavecchia Cesare Caiazza, l’Unione inquilini, i Sindaci di Ladispoli e Tarquinia e i consiglieri regionali della FdS Ivano Peduzzi e Fabio Nobile. La finalità del convegno è stata quella di proporre alternative a quelle che sono state definite “le illusioni del Piano Polverini”. Numerosi e interessanti sono stati gli interventi, che, nonostante le diversità di approccio e di argomentazione, alla fine ruotavano intorno ad alcuni temi caldi e comuni a tutti: in primis sul fatto che la pianificazione del territorio, così come è stata proposta, non risponde alle esigenze della popolazione, schiacciate dal “potere politico del mattone che permette – secondo Roberto Catracchia – la realizzazione delle sole opere grandi, anche e soprattutto attraverso i Piani Integrati, bloccando di fatto i lavori più piccoli e alla portata delle tasche della gente comune”. La Federazione propone l’alternativa di “fare meno, ma fare meglio, per uscire dal bipolarismo del mattone”. La proposta più interessante emersa è quella di “un’eventuale allargamento del Piano Casa anche alla manutenzione dell’ambiente abitativo esistente”. Sempre Catracchia si è fatto portavoce di una proposta che sarà ribadita da voci diverse per tutta la durata del convegno: “Un piano di recupero e risanamento duraturo e continuo, produrrebbe forza lavoro e occupazione stabile, oltre al fatto di essere alla portata economica della gente”. Caiazza non crede “ad un’occupazione buona in un sistema malato” ed ha auspicato un rinnovamento legislativo alla base, che tuteli soprattutto i lavoratori. Dall’acceso dibattito è emerso che il Piano Casa della Polverini in realtà non parla di “casa”, perché la “casa” è dove si abita e tutto quello su cui si sta discutendo è lontano dal concetto di “abitare”, poiché, dice Walter De Cesaris dell’Unione inquilini, “siamo davanti a qualcos’altro, siamo davanti a norme per un piano di edificazione e all’abbattimento di altre norme ambientali e tutelari”. L’obiezione più ricorrente si basa sul fatto che, data l’esistenza di opere già costruite, forse sarebbe meglio occuparsi di migliorare, ristrutturare e ampliare quelle, dando lavoro alle piccole imprese, piuttosto che costruire ex novo opere per comprare le quali la popolazione non ha i soldi. Il Piano Casa, è stato ribadito, così come è fatto, cerca di sconfiggere la crisi utilizzando gli stessi strumenti che l’hanno generata e, proprio per questo, “non può funzionare”. “Il comparto dell’edilizia non va demonizzato” – ha sostenuto Saltamerenda – ma va usato bene. Il territorio non è un’ ammortizzatore sociale, non si possono frazionare terreni su cui costruire case. Non è opportuno usare solo investitori privati che, per lo più, tendono ad incrementare la speculazione e il clientelismo politico”. Molta attenzione è stata posta anche al rischio della perdita dei prodotti artigianali, dei terreni agricoli e delle piccole attività, per la manutenzione delle quali mancano i fondi, costringendo i proprietari a vendere e a far costruire case ai privati per avere dei soldi liquidi disponibili subito, invece di investire per far sopravvivere e migliorare la propria piccola attività. I Piani Regolatori dei paesi del circondario sono vecchi e sorpassati  ma per farne di nuovi servono centinaia di migliaia di euro, ma questo non può diventare una scusa per intervenire senza pianificazione sul territorio. Bisogna guardare al futuro, bisogna considerare che ogni intervento di oggi avrà ripercussioni tra dieci anni, e bisogna operare nella direzione della città che vorranno i cittadini domani. I consiglieri regionali della FdS Ivano Peduzzi e Fabio Nobile hanno sintetizzato il dibattito con una sola parola: “abitare”. “È ad una città da abitare che si deve guardare pianificando gli interventi territoriali, prima ancora dei problemi degli investimenti, dei fondi, delle vendite e delle costruzioni – ha sottolineato Peduzzi – Occorre mutare il rapporto dei cittadini con il proprio territorio e con l’idea di fruizione di esso che hanno, prima di cambiare le dinamiche di progettazione e costruzione di un paese e di una città”. Dal convegno sono emersi un chiaro stop al consumo delle risorse e un’alternativa al Piano Casa della Polverini incentrata su una politica di recupero e difesa del territorio e del patrimonio pubblico, che dovrebbe essere tutelato da nuove leggi sul regime dei suoli e tutto per raggiungere una migliore qualità dell’abitare e del vivere.