Pedofilia. “Padre Ronan non era un dipendente della Santa Sede”

vaticanoPedofilia: è arrivata la sentenza del giudice della Corte distrettuale di Portland, nell’Oregon, Michael Mosnan sul caso del prete pedofilo soprannominato “John Doe contro Holu See” per proteggere l’identità dell’accusatore: “I preti non sono impiegati della Santa Sede e ridurli allo stato laicale non equivale a licenziarli. Non ci sono fatti che creino un vero rapporto di lavoro tra Ronan e la Santa Sede. Se avessi accolto il punto di vista del ricorrente, allora i cattolici, ovunque, potrebbero essere considerati impiegati della Santa Sede”. Piena ragione al Vaticano dunque, che ha portato all’archiviazione del caso dopo un processo durato circa dieci anni da cui è emerso che padre Andrew Ronan, morto nel 1992, dell’Ordine dei Servi di Maria e accusato nel 2002 da un uomo di averlo molestato più volte quando era solo diciassettenne durante gli anni Sessanta, avrebbe abusato anche di altri ragazzi, a Chicago e a Benburg, in Irlanda. Abusi conservati nel segreto dall’ordine religioso e dei quali il Vaticano sarebbe stato informato solo quando Ronan chiese spontaneamente di essere ridotto allo stato laicale. Sembrerebbe inoltre che i superiori di Ronan lo avrebbero trasferito nelle diverse sedi senza avvisare il Vescovo dei motivi dei trasferimenti. Il caso era giunto alla Corte Suprema americana per l’immunità legale del Vaticano, in quanto stato estero. “Siamo dispiaciuti, ma non scoraggiati”, ha dichiarato Jeff Anderson, l’avvocato dell’accusatore, deciso a ricorrere in appello per dimostrare la responsabilità ultima della Santa Sede che, secondo la sentenza del giudice Mosnan, non può invece essere considerata il datore di lavoro dei sacerdoti che si macchiano di abusi sui minori. “Questo caso è importante – dichiara soddisfatto l’avvocato della Santa Sede Jaffrey Lena – perché dimostra la distinzione tra certe accuse e la realtà delle cose che emerge dai documenti. Dopo aver esaminato centinaia di pagine, il giudice non ha trovato alcun fondamento alla tesi dell’accusa che voleva considerare la Santa Sede datore di lavoro di Ronan o comunque coinvolta nei fatti accaduti. Di conseguenza, ha stabilito che non c’erano le basi per proseguire con il processo. La Corte ha rigettato la teoria secondo la quale un prete va considerato come un impiegato della Santa Sede solo per il fatto di essere sacerdote soggetto alle norme generali del Codice di diritto canonico. Sono state esaminate per la prima volta nei minimi particolari le basi dell’accusa secondo la quale la Santa Sede sarebbe coinvolta nei trasferimenti dei preti responsabili di abusi, e questi preti sarebbero da considerare impiegati della stessa Santa Sede. E ha determinato che entrambe queste accuse sono false”.
Francesca Ivol