Le feste dimenticate

fioriIl 2 febbraio la Chiesa cattolica celebra la Candelora, la presentazione al Tempio di Gesù. Il nome deriva dalla benedizione delle candele, simbolo di Cristo, con il significato evocativo della “luce che illumina le genti”, così come Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme. Questa festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l’usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù. Ma anche in questo caso, come per tutte le feste cattoliche, le radici  affondano nel paganesimo, in seguito camuffato e piegato ai fini cattolici. Fu infatti per combattere i Lupercali che si istituirono processioni con le candele accese: i Luperci, sacerdoti di Fauno, correvano per le strade vestiti solo con una pelle di capra e con una frusta fabbricata con strisce di pelle di capra con la quale battevano le giovani spose per propiziarne la fertilità, seguiti dalla popolazione munita di fiaccole per illuminare le strade e assistere all’evento. Fu Papa Gelasio I ad ottenere dal Senato la sostituzione dei Lupercali con la festa della Candelora. Il legame della festa con le candele, la purificazione e l’infanzia, sopravvisse nell’usanza medievale di condurre le donne in chiesa dopo il parto a portare candele accese. In questo giorno vengono tolte e bruciate le decorazioni vegetali natalizie per evitare che i folletti che in esse si sono nascosti infestino le case. Il concetto di purificazione è il presupposto di una nuova vita: si eliminano le impurità del passato per far posto alle cose nuove. È questo il significato di Imbolc, celebrato accendendo candele accanto all’acqua, per simboleggiare la luce della nuova vita che emerge dalle acque del grembo materno, lavando via le scorie invernali. La pianta sacra di Imbolc è il bucaneve,  il primo fiore dell’anno a sbocciare che, con il suo colore bianco, ricorda allo stesso tempo la purezza della Giovane Dea e il latte che nutre gli agnelli. Psicologicamente è il momento di purificare la nostra mente dai  pensieri negativi, per  fare entrare in noi la luce della Natura rinnovata e partecipare al risveglio del cosmo dalla lunga notte invernale. La luce che è nata al Solstizio di Inverno comincia a manifestarsi all’inizio del mese di febbraio: le giornate infatti si allungano e ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano molto più attente di noi ai mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza e questo era il periodo più difficile dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con entusiasmo e festa. Imbolc pare derivare da Imb-folc, cioè “grande pioggia’ e in molte località dei paesi celtici questa data è chiamata anche “Festa della Pioggia”: ciò può riferirsi ai mutamenti climatici della stagione ma anche all’idea di una lustrazione che purifica dalle impurità invernali. Un’altra etimologia probabile è Oimelc: “lattazione delle pecore”,  e Imbolg: ‘nel sacco” inteso nel senso di “nel grembo” con riferimento simbolico al risveglio della Natura nel grembo della Madre Terra e con un riferimento più materiale agli agnelli, nuova fonte di cibo e di ricchezza, che la previdenza della Natura e degli allevatori avrebbe fatto nascere all’inizio della buona stagione. L’allattamento degli agnelli garantiva un rifornimento provvidenziale di proteine e il nuovo latte, il burro, il formaggio costituivano spesso la differenza tra la vita e la morte per bambini e anziani nei freddi giorni di febbraio. Infatti, tradizionalmente, Imbolc segnava l’inizio della lattazione delle pecore e delle mucche: le pecore non producono latte fino a dopo la nascita degli agnelli, che accade in questo periodo. A questo proposito, durante i rituali di Imbolc, era consuetudine anche versare latte sul terreno in segno di ringraziamento e di offerta di nutrimento,  atto propiziatorio per il ritorno della fertilità della terra, ovvero la primavera. Imbolc era il tempo del risveglio, promessa e speranza nella primavera vicina. E nelle prime giornate di sole dopo le piogge invernali, nelle giornate che si allungano, nelle temperature che si alzano, nelle prime foglie verdi che spuntano, come si fa a non percepire che qualcosa si sta risvegliando? E come è possibile, seppure inconsciamente, non fare ordine della mente e palesare la frizzante sensazione di cambiamento in modo concreto? Magari facendo progetti o solo cambiando la disposizione di qualche mobile? L’universo è vivo e noi ne facciamo parte e se qualche volta, nonostante la fretta, il cinismo, le mille cose da fare, l’evoluzione, le religioni, le preoccupazioni e il lavoro, ci fermassimo ad annusare l’aria, riusciremmo a percepire ancora il richiamo, ormai disperato, della Natura.

Francesca Ivol