Per la prima volta in quarantadue anni il Giappone è senza reattori nucleari attivi. A un anno dal disastro di Fukushima, il più grande incidente nucleare dopo la catastrofe di Chernobyl del 1886, da poco commemorata, le società giapponesi produttrici di energia elettrica non sono state in grado di riattivare le centrali atomiche per la paura diffusa di nuovi possibili pericoli per la popolazione. Sembra che la popolazione giapponese abbia cambiato totalmente opinione riguardo alle centrali nucleari, a un anno dal disastro, infatti, il 59,9 % dei sopravvissuti al terremoto e alle radiazioni è contrario alla riapertura dei siti nucleari. Questa sera, per la prima volta dal 1970, il Giappone non avrà più reattori nucleari attivi. La Hokkaido Electric Power, utility dell’isola a nord di Hokkaido, disattiverà infatti l’unità n°3 della struttura di Tomari, l’ultima attiva sulle 54 disseminate nell’arcipelago. La procedura partirà alle 17:00 ora locale (le 10:00 in Italia) e si concluderà con il blocco totale intorno alle 23:00 ora italiana. Il blocco dei reattori, effettuato prima di Fukushima ogni tredici mesi per ordinaria manutenzione, dopo l’emergenza dello scorso anno, ha visto di fatto la non riattivazione dei reattori spenti, anche per le pressioni della popolazione. Per ripartire, gli impianti necessitano del consenso degli enti locali che li ospitano e, da un anno a questa parte, tendono a negarlo. I lavori di manutenzione del reattore spento oggi, dureranno circa settanta giorni dopo i quali dovrebbe ripartire, ma dato l’urlo “No more Fukushima” che si alza dalla ex zona più nuclearizzata del mondo, la speranza che questo non accada ha salde ancore a cui aggrapparsi. Rimangono però molti gli interrogativi, soprattutto sul futuro della produzione energetica nipponica, oltrechè mondiale, e sul destino dei reattori nucleari ormai spenti. Contro la possibilità che ne venga riattivato anche solo qualcuno, la popolazione mondiale è mobilitata con manifestazioni e campagne di sensibilizzazione da tempo. La speranza è che tutto questo non sia solo un momento che cadrà nel dimenticatoio a breve per essere poi portato nuovamente alle luci della ribalta in occasione del prossimo disastro nucleare, così come si fa con Cernobyl dal 1986, ma che sia una svolta storica per l’umanità.
Francesca Ivol