“Non solo Porto ed Enel: lo sviluppo di Civitavecchia passa anche per…”

CIVITAVECCHIA – Civitavecchia è centrale nello sviluppo del paese. Si parla di porto, grandi insediamenti produttivi, reti ferroviarie e stradali. Ma siamo sicuri che un impegno su queste direttrici sia realmente foriero di una stabilità economica ed occupazionale per la città?
Il nostro porto ha cifre da miracoli. Miracoli che, però, si verificano solo a molo Vespucci.
Enel fa la parte del leone nella produzione industriale, sfornando, a Civitavecchia, energia che alimenta una grande fetta del sistema produttivo italiano. Eppure, da un punto di vista occupazionale, l’azienda elettrica regredisce e da un punto di vista ambientale la sua presenza ha lasciato e sta lasciando un segno purtroppo indelebile.
Il grande capitale industriale ha, sostanzialmente, una natura rapace.
Spremuto il territorio come un limone, va via, verso nuovi lidi.
Le grandi reti ferroviarie e stradali, per essere portate a buon fine, vogliono una specializzazione ed una competitività che, con tutta la buona volontà, le aziende del territorio non hanno.
Una città è realmente ricca se, accanto ai grandi insediamenti produttivi, riesce a far fiorire una rete di piccola e media impresa solo parzialmente legata agli indotti della grande industria. Uno sviluppo imperniato sul subappalto è fragile: troppo legato alle sorti dell’insediamento industriale, troppo esposto alle crisi e ai mutamenti di un solo mercato. La piccola e media impresa che ha in se la capacità di diversificare i prodotti e moltiplicando i mercati di riferimento, crea un tessuto economico molto più resistente.
Per avere risultati duraturi occorre avviarsi vero la produzione di beni e servizi ad alta professionalità e ad alta tecnologia. Offrire in loco efficaci servizi alle grandi imprese delocalizzando, ad esempio, ricerca e sviluppo, ma anche i servizi clienti.
Una modalità di sviluppo che è priva di impatto ambientale.
Abbiamo una zona industriale in abbandono. Le imprese che operavano in quei capannoni sono perite sull’altare del subappalto, immolate ai grandiosi e irrealizzabili scenari di indotti mai avviati. Sono scomparse.
Abbiamo, nella nostra zona industriale, locali vuoti, personalizzabili con una spesa modesta. Locali già pronti ad essere utilizzati senza brutalizzare il territorio costruendo nuovi insediamenti produttivi.
Cosa occorre per portare a buon fine questa progettualità, per fare di Civitavecchia un polo delle piccole e medie imprese specializzate e ad alto valore tecnologico? Che il comune si impegni a rendere accessibile l’area, collegandola con il servizio di trasporto pubblico, che renda percorribile la strada che porta alla zona industriale oggi ridotta ad un jungla panamense, e che faccia pressione sugli operatori di telefonia per portare in loco la banda larga. A tutt’oggi la connessione ad internet nella zona industriale è penosamente difficile.
In ultimo c’è bisogno di un impegno collettivo per far si che, da un lato, cresca una piccola e media impresa territoriale. Lo scoglio principale è quello dell’accesso al credito. Dall’altro si tratta di favorire le delocalizzazioni, attivando una efficace rete di rapporti con le imprese interessate. Questa duplicità di impegni porterà beneficio anche agli artigiani e alle libere professioni: “personalizzare” un capannone è alla portata dei nostri muratori, idraulici ed elettricisti. Le nuove PMI avranno bisogno di consulenti per le loro necessità.
Pur ritenendo importante la discussione sul ruolo del porto, di Enel e sugli investimenti in infrastrutture, è necessario comprendere che solo una rete di PMI possa essere una base solida su cui costruire l’avvenire della città.
Del resto una casa solida si costruisce dalle fondamenta.

Mario Michele Pascale – Presidente Associazione Spartaco, Membro del Consiglio Nazionale del PSI