“Privilege: ma i nuovi acquirenti sono affidabili?”

CIVITAVECCHIA – A proposito del nuovo affidamento del cantiere Privilege, apprendiamo dalla stampa che “…. negli uffici dell’Autorità Portuale si lavora per verificare che l’operazione sia corretta sotto tutti i punti di vista e che i soci della Royalton posseggano tutti i requisiti necessari, finanziari e non, per poter garantire la massima affidabilità…”.
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, ma verificare requisiti e affidabilità è fondamentale.
Una cosa però non è ancora data sapere alla città: il piano industriale? Il progetto? Il committente? Esiste già un acquirente per lo scheletro di mega yacht che pare ormai ridotto a un rudere? Lo dismettono e ne costruiscono un altro nuovo? E poi un altro ancora, e ancora, dando senso a una concessione di tale portata e avviando un’attività di cantiere capace di produrre occupazione stabile? Oppure si ricomincia con la tela di penelope?
L’impatto dello scandalo Privilege sullo sviluppo e l’occupazione locale è stato devastante, per i lavoratori, per le imprese, per l’intera città che ha assistito alla sottrazione di un’area portuale così importante, regalata in modo impunito a soggetti protagonisti delle peggiori vicende giudiziarie del paese.
Qualsiasi operazione di affidamento non doveva e non poteva prescindere da un coinvolgimento diretto del territorio, in un progetto di vero e proprio risarcimento per i danni arrecati e di prospettiva occupazionale reale, sia in termini di quantità che di qualità: un atto d’impegno da sottoscrivere da parte di tutti i soggetti competenti, Autorità Portuale, Comune, Regione, Città Metropolitana, parti sociali, da acquisire quale presupposto imprescindibile per ogni nuova concessione dell’area e del cantiere.
Niente di tutto questo risulta, si è lasciato che tutto procedesse in maniera burocratica, emergendo a tratti “errori” di gestione più o meno comprensibili, fino ad arrivare ad un affidamento di cui la città non conosce né i contenuti, né i contorni, né gli sbocchi: quindi sembra non resti che affidarsi ad una sorta di atto di fede verso gli uffici dell’Autorità Portuale che, oggi, stanno effettuando le “verifiche”.
D’altra parte, il buon Francesco Maria Di Majo, presidente catapultato dai ristretti uffici dell’epoca Del Rio e che, stranamente, appare non sgradito alla neo compagine governativa che non solo lo mantiene ma pare rafforzarlo, non pare proprio contemplare nel suo mandato il concetto di sviluppo del porto integrato con quello del territorio.
Ora si chiede a Di Majo di riferire in consiglio comunale, momento di democrazia fondamentale e che va sempre bene, magari così gli riesce anche di capire che la politica portuale non si costruisce a suono di annunci!
Ma non basta.
Non deve solo riferire il Presidente dell’Autorità portuale, deve concertare, coordinare, ascoltare, conoscere, trattare, interagire con la città.
Perché, nonostante la riforma portuale targata Del Rio abbia eliminato la rappresentanza della popolazione dall’ente che gestisce il “nostro” porto e, ancora, nonostante la totale inefficacia dell’amministrazione comunale e l’indifferenza di quella regionale e della Città Metropolitana, l’Autorità Portuale deve sapere che Civitavecchia ed il suo territorio non possono più essere tagliati fuori dalla programmazione e dalla gestione del PORTO, storia e vita della città.
Su questo è irrinunciabile che la politica democratica e che ha a cuore il LAVORO, trovi un fronte comune.

Lucia BartoliniAssociazione “A Gauche”