“Casino istituzionale e menomazione della democrazia. C’è chi dice NO!”

CIVITAVECCHIA – Da molto tempo più nessuno ne parla, eppure dal 1 gennaio 2015, per effetto della Legge 56 del 7/4/14, la Città metropolitana di Roma Capitale è una realtà.
Si tratta di un ente territoriale di area vasta coincidente con i confini dell’ex provincia di Roma, comprensivo di 121 Comuni con oltre 4 milioni e 300 mila abitanti complessivi, che ha i seguenti compiti istituzionali: “cura dello sviluppo del territorio; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione territoriali; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.”
Stiamo insomma parlando di un’Istituzione nevralgica e vitale per le sorti di un vasto territorio che, nelle intenzioni dei legislatori, dovrebbe rappresentare il luogo di elaborazione ed applicazione di politiche volte ad uno sviluppo capace di coniugare e valorizzare le potenzialità della metropoli con quelle dell’hinterland.
In questo contesto anche Civitavecchia – facendo leva sulla centralità del porto e sulla presenza di uno dei poli energetici più importanti a livello europeo – potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel definire una concezione di “area metropolitana” non monopolizzata da Roma, bensì “policentrica”, capace di mettere in rete e sviluppare un’ idea di “area vasta” nella quale la metropoli e l’hinterland possano svolgere un ruolo paritetico finalizzato innanzitutto al rilancio economico di un territorio che, complessivamente, risulta particolarmente colpito dalla crisi in atto in termini, soprattutto, di drammatica riduzione dell’occupazione.
Il tema è che, nonostante sia stato costituito il Consiglio della Città metropolitana di Roma Capitale (composto da 24 membri, eletti dai Sindaci e dai consiglieri comunali della ex Provincia in data 5 ottobre 2014) da oltre un anno mezzo dal suo insediamento formale, possiamo parlare di un’Istituzione “fantasma”, “non pervenuta”.
Le cause di questa condizione risiedono, almeno in parte, nelle turbolenze politiche che hanno interessato per molto tempo il Comune di Roma, fino alle dimissioni di Ignazio Marino, Sindaco anche della Città metropolitana di Roma Capitale.
Ora, però, dopo le recenti elezioni amministrative che hanno interessato il Comune di Roma, nel combinato disposto tra “burocrazia” e percorsi legislativi incompiuti, si delinea una parabola segnata da aspetti davvero “tragicomici e caricaturali”.
Nel Sito istituzionale della Città metropolitana di Roma Capitale si legge: “L’Ufficio Centrale Elettorale del Tribunale di Roma, con verbale del 22 Giugno 2016, ha proclamato l’ Avv. Virginia Raggi sindaca di Roma Capitale.
Il Sindaco di Roma Capitale è di diritto sindaco della Città metropolitana di Roma Capitale.”
In realtà le cose sono molto più complesse, incerte e complicate.
La Legge Delrio sul riordino istituzionale (N. 56 del 7/4/14) al punto 21 afferma: “In caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro sessanta giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo.” Al punto successivo recita: “Lo statuto della Città metropolitana può prevedere l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale.”
Lo Statuto della città metropolitana di Roma Capitale, approvato con deliberazione della Conferenza metropolitana in data 22/12/14, all’articolo 16 stabilisce che il Sindaco e i consiglieri vengono “eletti a suffragio universale e diretto, secondo il sistema elettorale che sarà determinato con la legge dello Stato”.
Quindi dopo 60 giorni dal 22/6/16 (data di proclamazione del nuovo Sindaco di Roma) dovrebbero essere indette elezioni, aperte alla partecipazione di tutti i cittadini dei 121 Comuni della ex provincia, per eleggere il Sindaco e il Consiglio della Città metropolitana di Roma Capitale.
Il problema è che non c’è ancora la “legge dello Stato” che definisce il “sistema elettorale” con il quale procedere al voto per il Sindaco ed il Consiglio delle città metropolitane. Non pare peraltro che questo argomento sia attualmente presente nell’ambito dei lavori parlamentari.
E’ un tema che interessa anche le città metropolitane di Milano e Napoli, segnate da recenti elezioni amministrative e che, analogamente a Roma, prevedono nello Statuto il voto a “suffragio universale”.
Cosa accadrà ora e con quali tempi è complicato evincerlo. Quello che appare certo è che ci troviamo di fronte non a un “riordino istituzionale” bensì ad un vero e proprio “casino” che rischia di essere pagato drammaticamente dai cittadini, privati dall’azione politica e legislativa di Enti che dovrebbero sovraintendere all’interesse collettivo e al bene comune.
Questa vicenda può essere considerata come un semplice “antipasto”, rispetto ai pasticci combinati dal Governo ed approvati dal Parlamento nell’ambito di quella Riforma Costituzionale che, ad ottobre o novembre prossimo, verrà sottoposta a Referendum.
Siamo di fronte a “correzioni” che (al di là del lessico e della grammatica pasticciati e contraddittori, palesemente “appiccicaticci ed estranei” rispetto a quella vera “opera d’arte”, nei contenuti e nell’estetica, costruita dai padri costituenti; al di là di contenuti che rischiano – come nel caso delle città metropolitane – di generare ulteriori “casini istituzionali”) in nome di presunte innovazioni, governabilità e riduzione dei costi della politica, nel combinato disposto con la nuova legge elettorale (Italicum) vanno nella direzione del restringimento degli spazi della democrazia, della rappresentanza e della partecipazione, finendo per contraddire e menomare pesantemente il principio sancito perentoriamente nell’articolo 1 della Costituzione: “La sovranità appartiene al popolo…”
Confido nella capacità degli italiani di comprendere, al di là dei facili slogan e della demagogia, di cosa si sta parlando e di dire NO al “casino istituzionale” e alla menomazione della democrazia.

Mario Nicoletti