“Il popolo unito non sarà mai vinto”

no tavCari Compagni,
avremmo voluto essere con voi e con quanti verranno da altre realtà per testimoniare l’irriducibilità della lotta contro le grandi male opere ed il relativo modello di sviluppo. Se pure da lontano vi giunga il saluto di una realtà che lotta in modo e con motivazioni irriducibili rispetto a un progetto pubblicamente inutile e dannoso alle popolazioni e le persone, ma altamente lucroso per il capitale. Costi economici insostenibili, finanziati a discapito delle spese socialmente utili. Ecco poche cifre, ricavate dalle stime ufficiali del progetto TAV Torino.Lyon, che quantificano tali costi raffrontandoli al salario operaio: 1 cm di Tav costa 1.300 euro, come lo stipendio di un operaio specializzato; 12 cm di Tav sono il suo stipendio annuale; 4,8 metri di Tav valgono tutta la sua vita lavorativa (40 anni).
Quanto ai costi ambientali, basta guardare alla disgraziata sorte del Mugello, con buona parte del territorio rimasto senz’acqua.
E per la Valle di Susa il disastro preannunciato sarebbe ancor maggiore: basta guardare alla Via allegata al più recente progetto, che preannuncia, di fatto, la desertificazione dell’intera valle, con scempi ambientali, abbattimento di edifici, drenaggio di risorse essenziali.
Che dire inoltre del taglio dei servizi ferroviari veramente utili, con lo smantellamento della ferrovia internazionale già esistente, utilizzata da sempre anche per pendolari e merci? Del resto già l’esperienza francese dimostra che dove passa il Tav, vengono smantellate le tratte ferroviarie e le corse a breve e medio percorso, aumentati i disagi di spostamento, aumentato l’isolamento delle persone e dei territori. E’ questo un modello che viene di lontano ed ha a che vedere con la guerra delle privatizzazioni rispetto ai servizi pubblici: il cosiddetto piano Necci per la privatizzazione delle Fs prevedeva già nel 1991 il taglio o la dismissione alle Regioni di 11 mila KM di ferrovia contro il potenziamento di 5 mila Km compatibili con l’Alta Velocità.
Quella contro cui stiamo lottando da vent’anni è un’ opera davvero inutile, se non ai faraonici profitti dei grandi costruttori che intravedono nel progetto Lyon .Torino una rendita senza fine, fondata sull’altalena della distruzione- ricostruzione esattamente come negli scenari di guerra.
Ma non meno grave è l’ipoteca sull’assetto futuro del paese, dell’Europa e, più in generale, del pianeta: la logica di un mondo in catene, diviso in corridoi di transito per le merci, il lavoro schiavizzato, i grandi loschi affari della globalizzazione è certo funzionale alla sete di denaro e di potere di pochi grandi interessi, ma porta con sé il disastro economico, sociale, ambientale per tutti, creando danni irreversibili, che pagheranno pesantemente le generazioni future.
Quello delle grandi opere è un pozzo senza fondo, dove si inabissa il pubblico denaro sottratto ai bisogni e ai diritti delle persone e delle collettività, alla salvaguardia della natura; di quale entità siano tali profitti si è ben accorta la popolazione della Valle di Susa, quando, sperimentati sulla propria pelle i danni legati alla costruzione dell’autostrada e del traforo del Frejus e resa esperta da un decennio di controinformazione, ha deciso di difendere il territorio della propria esistenza, opponendosi concretamente ai sondaggi geognostici e all’avvio dei cantieri legati alla progettazione Tav/Tac in Valle.
La militarizzazione del territorio, le manganellate e i mille soprusi inflitti ad un intero popolo hanno squarciato il velo dell’illusione , scatenando l’opposizione attiva anche delle persone più miti e tranquille. Così la lotta che fino a quel momento era  generosa ma minoritaria è diventata di tutti, davvero popolare, un crogiuolo di età, esperienze, consapevolezze diverse, che ha creato il miracolo della resistenza dell’autunno-inverno 2005, culminata l’8 dicembre con la liberazione di  Venaus.
Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e, alla guida del paese, si sono succeduti governi diversi ma concordi nel sostenere le lobbies delle Grandi Opere e l’ineluttabilità delle megainfrastrutture che si chiamano Alta Velocità autostradale e ferroviaria, inceneritori, rigassificatori, basi di  guerra, ponti su monti e mari ed altre rapine dei beni comuni.
Contro la resistenza della Valle di Susa, al posto dei manganelli sono arrivati i tavoli di concertazione e di compensazione, con l’Osservatorio Virano, la cabina di pilotaggio per le compensazioni, il Fare (documento di parte degli amministratori che, tradendo lo spirito di Venaus e le promesse elettorali, blaterando di possibili mitigazioni all’opera, hanno deciso di adeguarsi e discutere sul come fare il Tav, come se la morte per iniezione letale fosse più accettabile di quella sulla sedia elettrica ).
L’arma più odiosa, in questi tempi di disoccupazione galoppante, è il ricatto occupazionale, la promessa che il Tav porterebbe lavoro al territorio e compenserebbe la crisi occupazionale, la quale, pesante dappertutto, ha raggiunto in Valle di Susa la quasi totalità delle famiglie. Si tenta in tal modo di alimentare la guerra tra poveri per rompere la compattezza dell’opposizione e aver la meglio sulla caparbietà di chi lotta per non morire.
Un ruolo importante è stato giocato dalle amministrazioni comunali, in questi anni tutte  contrarie alla realizzazione della nuova infrastruttura ferroviaria Torino-Lyon. Ora l’osservatorio Virano e la promessa delle compensazioni hanno favorito le prime defezioni degli amministratori che sono tornati all’ovile, sotto le ali dei partiti favorevoli al TAV. Se qualcuno se n’è andato, i migliori sono rimasti, per fedeltà alla promessa fatta ai loro concittadini e per senso di responsabilità nei confronti dei territori amministrati.
E tutti insieme continuiamo a fronteggiare e sventare i periodici assalti, i tentativi di sondaggi geognostici, le truppe in assetto antisommossa di un capitale infuriato e incredulo di fronte a tanta resistenza
Perché, nonostante la disinformazione sistematica dei mass media che parlano di una Valle pacificata e rassegnata o affascinata dal luccichio dell’oro, il movimento No Tav è vivo, vigile e determinato a resistere. Anche nella consapevolezza che, sull’esempio della Valle di Susa, sono nate infinite mobilitazioni in ogni parte d’Italia contro la rapina di opportunità e risorse, per i diritti di tutti ad una esistenza felice e ad un lavoro dignitoso: anche per non deludere quelle donne e quegli uomini e mantener vivi quei focolai di resistenza, non ci arrenderemo mai.
Il popolo unito non sarà mai vinto!

Nicoletta