Le proteine della coagulazione sono legate alla nebbia cerebrale del Long Covid

Dal Dottor Giovanni Ghirga riceviamo e pubblichiamo:

“Una nuova ricerca su persone non vaccinate ricoverate in ospedale con COVID-19 rafforza la teoria secondo cui i coaguli di sangue possono contribuire a problemi cognitivi nei mesi successivi.
Secondo uno studio appena pubblicato, i livelli di due proteine coinvolte nella coagulazione del sangue hanno previsto se i pazienti ricoverati per COVID-19 avrebbero avuto problemi cognitivi fino ad 1 anno dopo.
Insieme all’affaticamento fisico, la “nebbia cerebrale” è diventata una delle manifestazioni più conosciute della condizione nota come Long Covid. Eppure non è ancora chiaro il motivo per cui solo alcune persone infette dal SARS-CoV-2 sviluppano problemi cognitivi, i quali possono includere difficoltà di concentrazione e di memoria.
Un importante studio su persone ricoverate in ospedale con COVID-19 all’inizio della pandemia, ha identificato due proteine coinvolte nella coagulazione del sangue, il fibrinogeno e il D-dimero, le quali sono associate a deficit cognitivi fino a 1 anno dopo l’infezione.
I risultati, appena pubblicati su Nature Medicine, rappresentano un “ progresso importante” per la comprensione da parte degli scienziati di come si sviluppa il Covid a lungo termine, afferma Steven Deeks dell’Università della California, San Francisco (UCSF), in quale non è stato coinvolto nello studio. Al pari di ricerche precedenti, la ricerca supporta la teoria secondo cui i coaguli di sangue innescati durante le fasi acute dell’infezione virale potrebbero portare a sintomi persistenti come la confusione mentale. Deeks avverte, tuttavia, che il focus dello studio sulle persone non vaccinate che hanno avuto una forma grave di COVID-19 potrebbe limitare la rilevanza per tutta la popolazione; molte persone con Covid lungo che hanno avuto infezioni iniziali più lievi non sono rappresentate nello studio.
Le continue indagini sui meccanismi alla base del Long Covid hanno individuato diversi possibili colpevoli, tra cui l’eccesso di coagulazione del sangue, l’infiammazione dilagante e la persistenza del SARS-CoV-2 nell’organismo.
Analizzando i dati di oltre 1.800 pazienti, il team ha scoperto che le persone che avevano livelli di fibrinogeno nel sangue superiori alla media al momento del ricovero ospedaliero, in seguito hanno ottenuto risultati peggiori nei test che misuravano abilità come memoria e attenzione e capacità cognitive generali più scarse.
Livelli ematici aumentati della seconda proteina, il D-dimero, erano anche essi predittivi di problemi cognitivi a 6 e 12 mesi, sebbene solo nei questionari soggettivi.
Questa non è la prima volta che il fibrinogeno e il D-dimero vengono collegati al COVID-19: già studi precedenti hanno rilevato livelli elevati di proteine, insieme ad un eccesso di coagulazione, nei pazienti ospedalizzati.
La ricerca prepandemica ha anche collegato alti livelli di fibrinogeno a problemi cognitivi e demenza, commentano gli autori della ricerca, il che indica che potrebbe essere un indicatore generale di deficit cognitivi.
Il D-dimero non ha invece mostrato tale associazione con questi deficit al di fuori dei pazienti affetti da COVID-19, forse suggerendo un ruolo specifico per le infezioni da coronavirus.
Nel complesso, lo studio è stato ” progettato e analizzato rigorosamente”, afferma Tanayott Thaweethai, biostatistico del Massachusetts General Hospital. “ hanno cercato di comprendere questi deficit cognitivi in modo davvero dettagliato”.
I ricercatori hanno escluso possibili fattori confondenti nel set di dati PHOSP-COVID. Ad esempio, le persone con casi più gravi di COVID-19 potrebbero semplicemente essere più inclini a problemi cognitivi a lungo termine. Tuttavia, il fibrinogeno e il D-dimero potrebbero comunque predire i deficit cognitivi anche quando venivano prese in considerazione le differenze di gravità, valutate attraverso il bisogno del paziente di ossigeno supplementare e altri fattori.
Sul fronte del trattamento, ci sono poche prove che prendere di mira le due proteine o la coagulazione del sangue in generale, possa prevenire il Long Covid.
Tuttavia, è probabile che i risultati stimolino ulteriori ricerche su queste proteine della coagulazione e sui percorsi biologici in cui sono coinvolte”.

Taquet, M., Skorniewska, Z., Hampshire, A. et al. Acute blood biomarker profiles predict cognitive deficits 6 and 12 months after COVID-19 hospitalization. Nat Med (2023). https://doi.org/10.1038/s41591-023-02525-y

Comment on Science. C. Offord. 31 August 2023

 

Dott. Giovanni Ghirga