La solitudine di chi si ribella e la paura di chi volta la testa

ROMA – È una mattinata di inizio maggio, fa un caldo fuori stagione e dal cielo iniziano a piovere le prime gocce. Ben presto si tramuteranno in un acquazzone, prima che altrettanto repentinamente possa tornare a far capolino un sole pallido. In ogni caso, ad Ernesto Tarallo interessano poco le avverse condizioni meteorologiche: ne ha viste di ogni sorta negli ultimi mesi, con diversi “momenti di crisi”, come conferma lui stesso.

La storia è quella, ormai arcinota, del suo licenziamento da Torre Valdaliga Sud ad opera di Tirreno Power, avvenuto lo scorso 19 dicembre dopo 30 anni di servizio. Da lì, il civitavecchiese ha iniziato una protesta che va avanti ormai da 110 giorni, tramite un presidio ininterrotto di fronte alla sede capitolina dell’Enel in viale Regina Margherita, dove ci siamo recati a incontrarlo. In mezzo, uno sciopero della fame, denunce e “l’indifferenza dei colleghi”: “Fanno finta di non vedermi – racconta Tarallo -, ma io resisto. Cerco di essere presente il più possibile, qui in viale Regina Margherita, dove passo le mie giornate, per quanto ogni tanto debba ovviamente tornare a Civitavecchia per delle impellenze. All’inizio della protesta ero anche in sciopero della fame e il mio presidio si estendeva anche al sabato e alla domenica; poi, dopo le denunce che ci sono state, ho dovuto limitare la mia presenza ai giorni che vanno dal lunedì al venerdì, oltre ad interrompere lo sciopero della fame”.

Al di là di “qualche coraggioso” che si ferma a salutarlo (seppur “senza fermarsi a parlare”, precisa lui), intorno alla sua protesta Tarallo vede l’indifferenza più totale. Un silenzio ampio, quello che denuncia il civitavecchiese, che parte dai sindacati e si estende con un raggio ampissimo: “Purtroppo devo dire che sono completamente latitanti i partiti della sinistra e il PD, oltre alla stampa, tanto che molte testate dopo un iniziale interesse si sono disamorate della mia causa. Ho provato anche a finire sulla cronaca nazionale, ma devo ammettere che neanche lì i risultati sono arrivati. In generale, vedo tanta paura intorno alla questione, anche solo a parlarne”.

Certo, il supporto politico non è neanche stato del tutto assente, soprattutto a livello cittadino, con una lista variegata di nomi: “Mazzarini e Petrelli sono stati fra i primi a darmi un appoggio sincero, oltre all’onorevole Tidei e a Forza Italia. Ultimamente si stanno interessando soprattutto Fratelli d’Italia, nella persona dell’avvocato Iarlori, con il quale stiamo lavorando alla questione proprio in questi giorni, e l’onorevole Battilocchio. Ma a parte queste dimostrazioni, intorno a me c’è ben poco”.

Soprattutto, dopo oltre cento giorni di protesta per Tarallo niente sembra smuoversi, mentre le prospettive per il futuro si fanno sempre più scure e nebulose. “È un bene che abbia interrotto lo sciopero della fame – sostiene amareggiato Tarallo – perché credo che qui andremo per le lunghe e sarei stato male per nulla. Ho iniziato anche a procedere per avvocati, ma anche da quel versante ci vorranno anni prima che mi daranno ragione”.

Nel frattempo ha iniziato a diluviare sui cartelloni che ha appeso di fronte alla sede dell’Enel, sui quali ha scritto i diritti e le leggi a cui si appella per tenere viva la sua protesta e per averla vinta, senza rassegnarsi. Pioggia sui cartelloni, in una mattina romana qualsiasi: Tarallo pare abituato, ha la faccia di chi questa scena già l’ha vista tante volte e crede che, suo malgrado, la vedrà ancora a lungo.

Patrizio Ruviglioni