Federico Aldovrandi: giustizia ti è resa

federico aldovrandiFederico Aldovrandi: fu omicidio colposo. Lo ha stabilito ieri la Corte di Cassazione, mettendo definitivamente la parola fine alla vicenda del giovane morto nel 2005 a Ferrara durante un fermo di polizia, e confermando dunque la sentenza di primo e secondo grado nei confronti di quattro agenti. Le botte inferte a Federico durante il fermo ne causarono la morte. Anche se per i quattro agenti condannati, Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, grazie all’indulto non si apriranno le porte del carcere ma scatteranno soltanto dei provvedimenti disciplinari.
La sentenza è stata comunque salutata con soddisfazione da Amnesty International la quale, in un comunicato ufficiale, ha rinnovato solidarietà e vicinanza ai familiari di Federico Aldrovandi, che in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell’inchiesta.
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, “il procedimento giudiziario per l’omicidio di Federico Aldrovandi e la definitiva sentenza di condanna, chiamano in causa in modo grave ed evidente la responsabilità delle forze di polizia italiane circa l’uso della forza”.
Amnesty International Italia auspica che la sentenza odierna sproni le autorità italiane a dare attuazione alle raccomandazioni degli organismi internazionali per prevenire ulteriori tragiche violazioni dei diritti umani come l’omicidio di Federico Aldrovandi.
“In un contesto caratterizzato dalla perdurante mancanza di un organismo indipendente di monitoraggio sui diritti umani e sull’operato delle forze di polizia – commenta in una nota stampa Amnesty International – questa sentenza deve interrogare le autorità italiane in merito alla formazione e al comportamento degli agenti di polizia e alla loro responsabilità circa la protezione delle persone.
Amnesty International Italia coglie l’occasione di questa sentenza per ricordare la stringente necessità di adeguare l’ordinamento interno alle norme e agli standard del diritto internazionale, in primo luogo attraverso l’introduzione del reato di tortura nel codice penale e l’adozione di meccanismi di prevenzione dei maltrattamenti”.