Italia e Svezia a confronto, chi diminuisce e chi aumenta le risorse per la cultura

L’Italia è il paese dei contrasti impossibili, in tutto il mondo non esiste un paese con più siti dichiarati patrimonio dell’umanità al mondo, un paese che è stato portatore della cultura classica greco-romana, di artisti, poeti e navigatori, e allo stesso tempo che risulta tra le nazioni europee che destinano meno fondi alla salvaguardia di quella cultura.

A fronte di tagli decennali all’istruzione da parte dei vari Governi, che si sono susseguiti in questi anni senza cambiare molto, e di finanziamenti europei stranamente, neanche troppo purtroppo, spariti nel nulla, per la ristrutturazione e valorizzazione delle nostre opere d’arte, basti pensare al caso Pompei, l’Italia non si è mai ripresa dalla sua immobilità sociale, dalla crisi della sua classe dirigente e dal progressivo impoverimento della vita culturale. Le famiglie italiane, secondo una pubblicazione dell’Istat, hanno destinato alle spese per ricreazione e cultura solo il 7,3 per cento della spesa complessiva annuale per i consumi finali, molto meno della media europea (8,8 per cento) e con valori più alti solo di Romania e Grecia.
Mentre l’Italia si interroga ancora su come ridurre la pressione fiscale, la Svezia va controcorrente e decide di aumentare le imposte per garantire più servizi, rafforzare il budget per migliorare l’educazione: i proventi arriverebbero da maggiori tasse su auto, tabacco e alcol. Dopotutto la Svezia è uscita piuttosto in fretta dalla crisi finanziaria grazie alle solide finanze pubbliche che hanno permesso al governo di tagliare tasse e aumentare la spesa pubblica.