“L’Americah”. Quanto dolore, Desirèe

Ecco l’esordio di un’altra nuova rubrica su Centumcellae News. “L’Americah” vuole essere uno spazio liberato, l’”America” di Gianna Nannini, l’”Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie, l’America di Kerouac, Pivano, Pavese ed Hemingway. Un nuovo punto di vista femminile e femminista sull’attualità. Senza controindicazioni di genere.

Quanto dolore, Desirèe

Quando ho deciso di scrivere una rubrica con una visione femminile e femminista su ciò che ci accade intorno, sapevo che avrei parlato di femminicidio e dell’esigenza, soprattutto, di chiamarlo così.
Capire la necessità di dare un nome, di nominare, affinché esista, la questione sociale, enorme e storicamente radicata, degli uomini che uccidono le donne.
In quanto donne, in quanto compagne, mogli, madri.
La storia di Desirèe ha riempito questi giorni di riflessioni. Dopo le ore del silenzio e del rispetto.
Quali sono i segni del patriarcato sui nostri corpi di occidentali?
La violenza, lo stupro, i maltrattamenti e poi ci si mette anche la strumentalizzazione politica.
La strumentalizzazione di un piccolo corpo, torturato, violentato e ucciso e subito dopo diventato bandiera di chi, poco ore prima, l’avrebbe chiamato il corpo di una “tossica demmerda.”
Il simbolo di una battaglia securitaria, anti accoglienza, di ordinanze che ora vietano alcol e sgombrano occupazioni.
L’ulteriore strumentalizzazione di chi confonde, volutamente, stabili occupati con abbandonati, spazi liberi e liberati dai presidi femministi con il degrado di periferie e quartieri.
Rossana Rossanda, ultimamente, ha spiegato il ricorso al voto per Salvini come la ricerca di qualcosa di cattivo, di rabbioso.
Sottesa a questa ricerca c’è la reazione all’ennesimo femminicidio.
Si tende a nascondere l’identità maschile di chi uccide, violenta, maltratta, con l’immigrazione, la sicurezza, il degrado.
Parlare della violenza sulle donne, tocca corde profonde dentro ognuna di noi.
Ci parla della consapevolezza del nostro corpo, di ricatti sessuali, di relazioni d’amore, di sesso, di gelosia.
Ci parla delle nostre madri, delle nostre figlie: la morte di Desirèe soprattutto di questo: di come i segni del patriarcato sui nostri corpi non abbiano a che fare con le etnie e non con la sicurezza, ma con la voglia, di nuovo, di strumentalizzare le donne e le loro vite.

VDG

 

(Vignetta Mauro Biani, IlManifesto)