Viaggiatori e ferrovieri: l’indignazione viaggia sullo stesso binario

trenoCIVITAVECCHIA – La notizia di un nuovo sciopero dei treni previsto per la giornata di lunedì 30 maggio 2011 ha infiammato gli animi dei numerosissimi pendolari della tratta Civitavecchia-Roma e risvegliato ire mai sopite. La situazione ormai disumana in cui versano i cittadini costretti, per studio o lavoro, a recarsi a Roma quotidianamente è tragica ed esasperante. Treni sempre in ritardo, la maggior parte delle volte sporchi e maleodoranti, pieni tanto da costringere in piedi molti pendolari che salgono da Cerveteri in poi all’andata e a S. Pietro al ritorno, popolati da extracomunitari che chiedono l’elemosina, spesso con  riscaldamento e aria condizionata rotti, finestrini bloccati e porte difettose. La nostra redazione ha approfittato della notizia del falso sciopero per intervistare a S. Marinella alcune vittime di questi disagi. “Il prezzo degli abbonamenti è sproporzionato rispetto al servizio che Trenitalia fornisce – osserva come prima cosa una studentessa universitaria – devo prendere il treno alle 8 per stare a lezione alle 10. Non è possibile fare 60 km in 2 ore quando per farne 600 da Roma a Milano ce ne vogliono solo 3!”. “Quelli che lavorano in Trenitalia sono le persone più maleducate che ho mai incontrato – afferma visibilmente irritata una giovane lavoratrice dipendente della Asl – Se chiedi con gentilezza un’informazione nella migliore delle ipotesi non ti rispondono, nella peggiore ti insultano e ti trattano male intimandoti di leggere gli avvisi appesi sul vetro della biglietteria nonostante loro siano pagati per fornire un servizio a noi”.  “Se io non pago il biglietto – ci dice un dipendente ministeriale padre di famiglia – mi danno la multa, però mica dicono niente a tutti gli zingari che viaggiano gratis, sporcano le vetture e molestano i lavoratori chiedendo l’elemosina più o meno insistentemente, addirittura svegliandoti per darti quei fogliettini tutti uguali in cui è scritto che sono poveri e hanno familiari malati da curare, è uno scandalo!”. “Io per fortuna prendo il treno una volta ogni tanto, ma oggi a S. Pietro volevo aspettare il treno dopo perché questo era pieno ma poi ho pensato che sarebbe stato uguale e sono salita – dichiara una signora in pensione – e ho rischiato di sentirmi male perché l’aria condizionata era rotta ed eravamo tutti in piedi e attaccati”. In perfetto clima bipartisan abbiamo intervistato anche qualche esponente di Trenitalia. “Scioperiamo per far valere i nostri diritti non perché siamo matti – sostiene il funzionario addetto alla biglietteria – Scioperare per noi vuol dire perdere giorni di stipendio, ci dispiace creare ulteriori disagi ma è l’unico modo che abbiamo per farci sentire”. “I continui tagli al personale rendono un campo minato il lavoro – risponde un macchinista a Ladispoli – ci sono molti giovani precari che vorrebbero lavorare  e molti anziani che vorrebbero andare in pensione e nessuno può fare quello che vuole perché lo Stato non lo permette”. “Scioperiamo per cercare di ottenere di poter fare il nostro lavoro – sottolinea una giovane ragazza assunta da poco come controllore – molti si lamentano che non passiamo a controllare i biglietti ma pochi sanno che ci sono fasce orarie in cui rischiamo il linciaggio, oppure ci sono volte in cui siamo in numero inferiore rispetto al minimo consentito dalla legge in base alla quantità delle carrozze. Lavoriamo in condizioni precarie perché c’è carenza di personale e di manutenzione dei treni”. Disagi per entrambe le parti dunque, problemi più o meno comuni, voglia di un servizio migliore da parte di tutti, univoca la richiesta di intervento di chi di dovere. Ma allora perché non unirsi e lottare insieme per ottenere benefici comuni invece di remarci contro e ostacolarci tra noi?