“Noi donne abbiamo davvero bisogna che venga vietato l’aborto?”

LADISPOLI – A Ladispoli assistiamo a dibattiti e proposte a dir poco surreali. Stiamo con i piedi per terra, ma di cosa abbiamo bisogno noi donne?

Un consigliere comunale, psicoterapeuta, si fa pubblicità proponendo alle donne seminari su l’interruzione volontaria di gravidanza, con grande “confusione” tra ruolo istituzionale e professionale, la maggioranza in Consiglio Comunale propone la nostra città come “città della vita”, in coerenza con chi oggi, come il senatore Pillon della Lega, vorrebbe cancellare la legge n.194 del 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.

Grazie ma ambedue le proposte non ci interessano e le respingiamo al mittente. Cerchiamo di fare chiarezza. Le donne sulla propria pelle sanno bene cos’è l’aborto e sanno bene quanto la maternità rappresenti la gioia più grande che esista e quanto possa diventare l’incubo più terribile quando vengono meno le condizioni di salute, economiche, sociali, psicologiche, familiari, perché questo evento possa essere accolto positivamente.

Il grave pregiudizio o presunzione, commesso da molti uomini, è quello di voler insegnare alle donne qualcosa in un ambito così intimo e personale che richiede innanzitutto profondo rispetto e comprensione, doti ambedue che purtroppo spesso scarseggiano, vista la perdurante esistenza di una diffusa cultura maschilista. Qualcuno soffre di amnesie ma noi oggi, pensionate e donne della Cgil, ricordiamo bene cosa succedeva prima della legge 194, all’epoca eravamo ragazze. Gli aborti clandestini erano la regola poiché proibiti dalla legge. Si svolgevano a casa o in ambulatori nascosti e di fortuna, con dolore e sensi di colpa, senza il rispetto delle più elementari norme igieniche, eseguiti da ostetriche e medici privi di scrupoli e avidi di denari. Non poche donne sono morte a seguito di gravi complicazioni.

Con la legge 194 fu fatta una scelta politica diversa: 1.aborto legalizzato solo in ospedale, autorizzato a certe condizioni e solo dopo un confronto con il medico, che nel consultorio o in altra struttura socio-sanitaria autorizzata può avvalersi della collaborazione anche di altre figure professionali quali lo psicologo e l’assistente sociale. 2. Diffusione nel territorio di una rete di consultori dove operatori specializzati promuovono la maternità e la paternità consapevole, l’assistenza alla procreazione o alla scelta della contraccezione più appropriata.

La scelta politica della legge 194 negli anni è risultata vincente, perché gli aborti in tutti questi anni sono nettamente diminuiti. Ma comunque, malgrado i risultati positivi ed ulteriormente migliorabili, abbiamo dovuto assistere al tentativo di colpevolizzare, oltre ogni decenza, le donne che vi ricorrevano e si è mosso un fronte di opposizione desideroso di negare il principio che la maternità e la paternità dovessero essere scelte sempre libere e non imposte. Inoltre in questi anni c’è stata e c’è una forte opposizione soprattutto dei medici obiettori e non sempre solo per motivi etici. Pochi quelli disponibili, che si sono trovati a svolgere il doppio del lavoro, ostacolati dall’arretratezza culturale, di cui è ancora vittima il nostro Paese.

Di che cosa abbiamo bisogno noi donne? Per favore invece di parlare “a vanvera”, scusate la franchezza, fateci questa domanda. La risposta sarebbe univoca e maggioritaria: per ridurre ulteriormente gli aborti e per favorire la natalità serve ricostituire una rete di consultori (negli anni gravemente ridotti), diffondere la contraccezione e l’educazione sentimentale e sessuale anche nelle scuole (chi vi si è colpevolmente opposto?), costruire asili nido pubblici e gratuiti, sostenere il lavoro delle donne, evitare che la donna sia educatrice, assistente e badante “h24” promuovere la cultura della parità fra i sessi e ridurre la sopraffazione e la violenza. Chiediamo troppo? No perché lo facciamo da tanti anni e vorremmo cominciare a vedere i risultati. Nel frattempo non fate altri guai addossando alla legge 194 colpe che non ha, anzi in coscienza chiediamone sempre di più l’applicazione integrale nel rispetto delle scelte e della dignità delle donne.

 

Donne Cgil/Spi