Il mistero dell’animo umano apre la nuova stagione del Traiano

CIVITAVECCHIA – La stagione 2015/2016 del teatro Traiano si è aperta in grande stile venerdì sera con uno spettacolo all’insegna dell’intrattenimento ma anche della riflessione, proprio come il tocco Pirandelliano cui si ispira la messa in scena. “Quattro buffe storie” infatti, si rifà a due canovacci di Pirandello e due di Cechov, mescolando con ironia tutti gli ingredienti necessari a dare vita a quello che è per ogni artista l’oggetto di studio più affascinante e complesso: l’essere umano.
E’ così che grazie a Glauco Mauri e Roberto Sturno prendono forma l’astuto Cecè, il brillante Chiarchiaro, il cerimonioso e impacciato Ivan Lomov e lo sconsolato Ivan Ninchin, personaggi estremamente emblematici delle tante maschere che l’uomo può assumere nel corso della vita. I protagonisti dei drammi pirandelliani, Cecè dell’omonima opera e lo iettatore Rosario de “La patente” fanno infatti riflettere rispettivamente su come le dicerie o l’insinuazione di un dubbio possano tramutare i fatti sino a renderli irriconoscibili e su come l’opinione pubblica possa condizionare a tal punto il giudizio che si ha di un soggetto, tanto da influenzare anche coloro che dovrebbero rappresentare il volto dell’imparzialità, ovvero le autorità giudiziarie. Cecè, infatti, per ottenere ciò che vuole, manipola gli avvenimenti con una convinzione tale che anche lo spettatore, a conoscenza della verità, alla fine si questiona su quale sia la realtà dei fatti; il povero signor Chiarchiaro, additato dalla moltitudine come un menagramo, nel richiedere la patente da iettatore rivela una dignità celata in chi ha la capacità di ridere dell’ottusità altrui.
Nel terzo atto Cechoviano invece i personaggi di “domanda di matrimonio” si sforzano di fare regnare la razionalità sul caos, mostrando come la convenienza di una proposta matrimoniale possa superare il principio, la giustizia e l’importanza di far valere la propria opinione in una controversia nata da una semplice chiacchierata amichevole. La stessa che il protagonista di “Fa male il tabacco” alla fine instaura con il pubblico attraverso un monologo, sfruttando il pretesto di una conferenza contro il fumo che la moglie gli aveva imposto di tenere, sfogandosi proprio riguardo il potere che le donne della sua famiglia avevano su di lui.
E’ dunque il paradosso degli esseri umani in quanto tali che sale sul palcoscenico insieme agli attori, dai costumi forse leggermente anacronistici, e li accompagna lungo tutta la rappresentazione nella cornice di una scenografia appropriata, minimalista ma curata nel dettaglio: un sipario blu su dei pannelli cartonati si apre mostrando gli oggetti di scena, dopo aver ospitato all’inizio di ogni atto la suggestiva proiezione del titolo della “storia” che sarebbe stata rappresentata. Sono quattro storie diverse, ma portatrici della stessa ironia con cui augurano allo spettatore di guardare la vita, il medesimo spettatore che uscendo dal teatro potrà sfoggiare un sorriso forse amaro di consapevolezza, forse disteso di leggerezza, ma in entrambi i casi maggiormente conscio del mistero che l’anima umana porta con sé. (foto di Manuela Giusto)