L’omofobo più pericoloso di un ladro o scippatore?

La provocazione è d’obbligo ancorché volutamente grossolana e politically uncorrect.

Il riferimento è alle mobilitazioni di piazza e mediatiche da parte delle comunità gay ed alcuni ambienti politici a seguito della tragedia di Simone, il povero ragazzo romano suicidatosi recentemente a Roma perché ripetutamente insultato.

A scanso di equivoci e strumentalizzazioni speciose, è evidente che appellare una persona con riferimento alle tendenze sessuali è un’azione deprecabile, incivile e da condannare tout court; fin qui siamo tutti d’accordo.

Ma chiedere con la bava alla bocca, più che con livore, l’introduzione del reato di omofobia protestando al contempo per il problema del sovraffollamento delle carceri e plaudire al Capo dello Stato per l’invocazione dell’amnistia è a dir poco singolare.

Conosco diversi gay che vivono senza problema e con intelligente autoironia la propria condizione, tutti comunque orgogliosi della propria sessualità (“gay pride” docet); poi la personalità più debole ed insicura c’è sempre, segnatamente tra adolescenti e i più giovani, e comunque va tutelata e supportata a partire dall’ambiente familiare. E, sia chiaro, c’è da lavorare molto sotto l’aspetto culturale, nelle scuole ma più in generale in ogni contesto.

Ma se domani un portatore di handicap – lui, sì, potenzialmente ancora più fragile emotivamente e di certo non ha fatto alcuna scelta sulla propria condizione – dovesse tragicamente togliersi la vita – non sia mai – perché magari gli capita di ascoltare un imbecille qualsiasi che insulta chicchessia apostrofandolo con riferimento alla condizione di disabilità, cosa facciamo, reclamiamo a gran voce l’introduzione di un’altra fattispecie di reato?

Non credo sia questa la strada per risolvere il problema.

Aguaplano