“Grandangolo”. Gli invisibili della sera

ROMA – A Piazzale dei Partigiani, presso la Stazione Ostiense di Roma, Dino Impagliazzo e i volontari dell’Associazione “Romamor”, di cui Dino è il Presidente, preparano e portano pasti e bevande caldi ai senzatetto della Capitale. Seduti al centro del piazzale, ordinati e dignitosi tantissimi senzatetto (ne abbiamo contanti almeno un centinaio) si radunano la sera di ogni lunedì e martedì in attesa dell’arrivo dei volontari. E come in un tam tam per la sopravvivenza, da diversi anni si passano la parola, accorrendo da più parti per mangiare qualcosa. La storia di Dino Impagliazzo, pensionato Inps, con molte primavere alle spalle, forse non è nota proprio a tutti ma vale la pena raccontarla, seppur brevemente, per capire come dal nulla si sia rimboccato le maniche e, dapprima con la moglie, poi, piano piano con altre persone, ha cominciato ad occuparsi dei poveri della Stazione Tuscolana. La scintilla, racconta Dino, è scoccata qualche anno fa durante una passeggiata: “Mi dai qualcosa per la colazione?” Si è sentito chiedere da uno sconosciuto. “Istintivamente gli ho dato un euro e qualcosa dentro me ha cominciato a lavorare. Così la domenica successiva sono tornato alla Stazione Tuscolana e ho distribuito venti panini con formaggio e prosciutto”.
Da quella domenica mattina sono trascorsi almeno dieci anni e i senzatetto sono diventati molto più di cento a sera. Siriani, afgani, africani, romeni, richiedenti asilo di varie nazionalità sopravvissuti a piccole e grandi tragedie sono approdati fin qui fra alterne vicende ma tutti hanno un unico denominatore: cercare di sopravvivere in una realtà ostile che li inghiotte, in una società che non li vuole e li respinge. Giovani e vecchi, potenzialità inespresse e reiette, clandestini e non, vivono ai margini della città, fatta per gente che va sempre di fretta, che pare inghiottire chi non si muove alla stessa velocità: i senzatetto alla stregua di ombre si muovono tra la gente affannata, senza far rumore, e nessuno pare accorgersene.
Ma gli uomini se vogliono possono aprire il proprio cuore all’altro, ai tanti sfortunati e se vogliono, sanno organizzarsi, per creare un magico cerchio di comprensione e amore. Ed ecco che le storie dei volontari che abbiamo incontrato martedì sera, si intrecciano con quelle dei senzatetto, quando per spirito umanistico decidono di donare il proprio tempo e ritrovarsi nella Parrocchia Corpo e Sangue di Cristo, vicino alla Stazione Tuscolana, per dare una mano a Dino. Come un bravo papà sovrintende, organizza e dispensa consigli e tanto calore a tutti i volontari, venuti da tutte le parti di Roma, per aiutarlo in questa avventura, un progetto che comprende la vita di centinaia di sfortunati. La cucina dove sin dal primo pomeriggio si radunano è un laboratorio, in cui ognuno dà il proprio contributo: chi taglia il pane e gli affettati, chi prepara la macedonia con le bevande calde e chi fa il primo, in genere la pasta con il pomodoro. Ogni cosa è pensata con la testa partendo dal cuore. Gianni, Carlo, Giorgio, Elena, Veronica, Gianfranco, Massimo, Leonardo, Adriano, Sara, questi sono alcuni dei nomi delle persone che abbiamo avuto il piacere di intervistare per la nostra rubrica “Grandangolo”, e ci scusiamo se abbiamo dimenticato qualcuno; persone che con gioia hanno voluto trasmetterci tutto l’amore per la loro attività, compiuta solo a fin di bene, ci raccontano all’unisono, come fosse un mantra. Poi, verso le otto e trenta quando tutto è pronto, Dino in prima fila dà l’ordine di mettere tutto nelle macchine, già suddiviso nelle vaschette per vivande, e via verso la Stazione Ostiense oppure la Stazione Tuscolana (ma qui solo nelle giornate di Sabato e Domenica), ove anche qui li attendono centinaia di clochard.
“Per fortuna nella nostra società civile – ci racconta Dino – c’è tanta voglia di solidarietà e di organizzarsi concretamente. E proprio in queste ultime settimane si sta pensando di offrire, oltre a dei pasti caldi, anche un posto sicuro per dormire. Vediamo come va a finire…” aggiunge con una punta di apprensione. Si vede che ci tiene molto a questo nuovo progetto: i suoi occhi per un attimo si incupiscono ma il suo sorriso ci rassicura.