Leonardo e la Sindone, secondo Arnaldo Gioacchini

L’ostensione della Sindone, in occasione del Sabato Santo del 3 aprile 2021, mi ha riportato alla mente un capitolo, dal titolo “la Sindone”, compreso all’interno del mio libro “Il Leonardo meno noto” frutto delle mie ricerche ultradecennali effettuate a Firenze, a Roma, a Milano e nei luoghi della sua gioventù, sulla vita e le opere del Genio di Anchiano (Anchiano è il luogo preciso ove nacque Leonardo ed ove è ancora visitabile la dimora ove “vide la luce” per la prima volta. La suddetta splendida località, contornata da uliveti e vigneti, è una frazione di Vinci, dal quale dista 3 chilometri, ed è posta su di una collina che domina la splendida valle del Monte Albano). Il libro, composto di dieci capitoli, che detti alle stampe nel 2019 in occasione dei 500 anni dalla sua morte, ne comprende uno riguardante il mistero, anzi i misteri, della Sindone e quanto essa è stata interconnessa con Leonardo, per cui ritengo utile riportare a seguire il capitolo del mio libro, eccone il testo:

“Si tratta di un argomento che da molti anni ha acceso ed accende un ampio interessantissimo dibattito scientifico – culturale. Scientifico perché da molte parti si è sostenuto e si sostiene (ed ognuno pensa di portare prove dirimenti alla sua tesi) che la Sindone sia o non sia il lenzuolo sacro con il quale venne avvolto il corpo di Gesù Cristo in deposizione dopo la crocifissione. Culturale perché fra i molti sostenitori del “non sia” ve ne sono non pochi che hanno affermato ed affermano fermamente che la “reliquia” ammirata oggi (comunque bellissimo ed interessantissimo oggetto) sia il frutto dell’ennesima “magia” messa in atto (manco a dirlo) dal geniale Leonardo. Infatti secondo le rilevazioni fatte nel 1988 da tre istituti scientifici in Europa e in America con l’impiego del carbonio 14 (gli esami del carbonio 14 sono stati effettuati nei laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo) la Sindone sarebbe un lino di età medievale e quindi potrebbe essere il sudario che ha avvolto un uomo appena crocefisso, ma alcuni secoli dopo l’avvento dell’era cristiana e quindi non il corpo di Cristo al contrario di quanto sostiene la Chiesa, un rebus che essa ha recentemente affrontato dichiarando che: La Sindone, conservata a Torino, è comunque da secoli un oggetto di culto e come tale venerato da milioni di cristiani, e quindi la sua eventuale inautenticità storica non ne intacca il valore spirituale”.

È evidente che in una situazione del genere prendono ancora più corpo alcune ipotesi (che secondo chi le formula sono invece delle certezze) le quali dicono, in maniera molto decisa, che l’attuale visibile Sindone è stata realizzata dal genio di Leonardo. Sono due donne le più convinte assertrici di ciò, vediamo quindi cosa dicono partendo “per rispetto anagrafico” dalla più anziana che è Lillian F. Schwartz una geniale artista statunitense nata nel 1927 che, fra l’altro, è considerata un pioniere dell’arte mediata dal computer e uno dei primi artisti noti per basare quasi tutta la sua opera sui media computazionali. La professoressa Schwarz sostiene che la Sindone sia stata realizzata da Leonardo da Vinci con una tecnica fotografica. Ed ancora che il Genio Universale per realizzarla utilizzò una camera oscura ante litteram appendendovi il lenzuolo cosparso di chiara d’uovo e gelatina. Dall’altra parte ci sarebbe stato un busto con le fattezze di Leonardo, con una Sindone la quale era già presente all’epoca di Leonardo e questa sarebbe una copia realizzata su commissione dei Savoia per rimpiazzare una versione precedente che era esposta come una contraffazione povera. Entrando, come necessario visto l’argomento, ancora più nel dettaglio su quanto dichiarato dalla grafica statunitense (che è considerata una vera e propria autorità in materia) Lillian Schwartz che è docente alla School of Visual Arts di New York va detto che essa diffuse le sue idee in proposito anche attraverso un documentario che fu trasmesso nel luglio 2009 dalla seguitissima rete televisiva britannica Channel 5. Secondo l’importante studiosa “ … il volto della Sindone combacerebbe con quello di Leonardo Da Vinci. Inoltre il genio fiorentino avrebbe riprodotto le sue fattezze utilizzando una particolare tecnica che avrebbe in qualche modo anticipato la fotografia, inventata solamente nel XIX secolo”.

Ancora secondo la Schwartz: “… Leonardo avrebbe appeso un lenzuolo di lino cosparso di un’emulsione fotosensibile, costituita da chiara d’uovo mista a gelatina, in una stanza buia. Nella parete di fronte al lenzuolo, Leonardo avrebbe praticato un piccolo foro in cui avrebbe sistemato una lente: davanti alla lente avrebbe poi piazzato un busto raffigurante il proprio volto. Dopo giorni di esposizione l’immagine del busto avrebbe impressionato il lenzuolo, creando l’immagine che tutti conoscono”. La seconda studiosa (che mettiamo come tale solo per rispetto anagrafico) a sostenere che la Sindone è opera di Leonardo è un’italiana, anche lei dal rispettabilissimo curriculum, che si chiama Vittoria Haziel (uno pseudonimo di una giornalista laureata in legge, scrittrice, autrice televisiva, che ha studiato a lungo le opere di Leonardo. Haziel che alla anagrafe è Consolata Corti la quale è stata moglie del defunto Giorgio De Rienzo che è stato docente di letteratura italiana a Torino e per molti anni critico letterario del Corriere della Sera). A lei si devono alcune importanti scoperte che indicano il genio di Vinci come autore del telo di Torino e un decisivo ( secondo lei) esperimento di riproduzione dell’immagine sindonica con la tecnica della pirografia (la scrittura o il disegno che si ottengono mediante una punta metallica incandescente, seguendo un tracciato, eseguito o ricalcato in precedenza). Cosa sulla quale ha scritto anche un libro dal titolo “La passione secondo Leonardo” dove afferma di aver risolto il mistero della Sindone di Torino dicendo, e secondo lei dimostrando, che l’autore materiale è Leonardo da Vinci. Vi è da dire che, fin dal 1990, la teoria della Haziel ha fatto parlare sia la stampa nazionale che straniera. “Seguendo come sostiene lei che “ il percorso di un laico può portare molto più lontano di quello di un “religioso che non ha mai camminato”, arriviamo alla conclusione che Leonardo genio bizzarro abbia “giocato” e non solo, per ordine di un sultano Ottomano a realizzare, con la tecnica del fuoco, la figura di un uomo a immagine e somiglianza dello stesso Leonardo. La Scrittrice fa notare la somiglianza di Leonardo con il volto dell’ uomo della Sindone, si sofferma sul fatto che l’uomo impresso sul lino, sia un uomo robusto, con i capelli lunghi ed impossibile trovare secondo l’autrice ai tempi di Gesù, uomini di tale fattezze. Cita nel testo (pag 31) : “I capelli lunghi: … a questo proposito l’osservazione di uno dei massimi esperti del periodo in cui visse Cristo:” Nel contesto sociale palestinese del secolo I° un tale uomo sarebbe stato immediatamente identificato e controllato come nazir (ebreo consacratosi a dio – ndr) cosa che è inconciliabile con la vita di Gesù, raccontata dai vangeli”. Lo studioso – prosegue la Haziel – allude al fatto che Gesù, se avesse avuto i capelli lunghi, sarebbe stato identificato come uno che, per voto fatto, non doveva avere mai contatto con i cadaveri, ne bere vino.

Dunque non era un nazireo e aveva indubbiamente i capelli corti”. Naturalmente, questi non sono gli unici elementi che secondo la Haziel portano a dire che la Sindone è opera di Leonardo, ma ne ha trovati altri più nascosti. Come per esempio quello sulla fronte dell’uomo della Sindone, la specie epsilon (sul negativo ) o 3 ( visto sul positivo) dal testo (pag 117): ” La prima spiegazione che poi è quella degli esperti, è che si tratta del rivolo di sangue fuoriuscito dalla vena frontale, lesa dalla corona di spine”. Ma – continua la Haziel – un’attenta analisi evidenzia una serie di strane coincidenze che fanno dedurre che il segno sia stato posto (da Leonardo) ad hoc sulla fronte dell’ Uomo – Dio. La scrittrice sostiene che quei segni siano l’uno l’opposto dell’altro e comunque sono legati alla Divinità, il 3 ricorda la Trinità. Poi si arriva alla vera realizzazione di come Leonardo abbia fatto con il fuoco la Sindone, ne spiega la tecnica e dimostra come lei e Irene Corgiat (artista piemontese specializzata nella pirografia) hanno realizzato con la tecnica della Pirografia arte antica e conosciuta da Leonardo, la loro Sindone (il volto solo) chiamata “Sindone di Irene”. Il risultato è molto fedele all’originale, e con le specifiche date dalla commissione scientifica STURP, che nel 1978 fu incaricata di far luce sulla Sindone di Torino, così la Haziel dimostra che la Sindone di Torino è solo un falso d’autore anzi di un genio: Leonardo. La Haziel non contenta di aver trovato il modo con il quale il genio a fatto (sempre secondo lei) la Sindone, va oltre, e cerca la firma di Leonardo, e la trova sotto il piede destro/sinistro a seconda che si guardi il positivo o il negativo del lino. Cita dal testo (pag 175) “Svelerò il mio segreto con una frase criptica da me composta come Leonardo avrebbe potuto scriverla per indicare esattamente il punto dove andare a trovare la sua firma”: “Dispetto! sol dietro si e’ intriso! il risultato dell’anagramma è: “Sotto il piede destro/sinistro”. Ma la Haziel non si ferma qui anzi, dicendo a proposito della Sindone fatta da Leonardo che si tratta del “primo negativo “fotografico” della storia che ha come matrice un’immagine mentale” e “Così Leonardo creò la Sindone”. Sempre secondo la bravissima scrittrice Vittoria Haziel: “Il maestro usò un ferro arroventato e disegnò sulla tela il suo autoritratto”.

Prosegue l’autrice: “A cavallo del Cinquecento, su commissione di Bayazet II, un sultano ottomano, Leonardo da Vinci creò la Sacra Sindone”. Ed ancora: “Prese una tela antica e servendosi di un ferro arroventato sul fuoco disegnò sulla tela l’immagine di un uomo che portava sul corpo i segni della tortura e della crocifissione. Per disegnare l’impronta del volto, Leonardo usò se stesso come modello, realizzando dunque un autoritratto”. E non è tutto: “La maestria di Leonardo fu tale da riuscire a creare il primo negativo “fotografico” della storia avendo come matrice solo un’immagine mentale”. Non solo: “L’artista inoltre riprodusse un’immagine che non si vede sul retro della tela e che ha in sé le caratteristiche di quello che, più in là, sarà definito lo sfumato leonardesco”.

Piaccia o no quanto scritto, con grande convinzione e notevoli enunciazioni tecniche sia in primis da Vittoria Haziel che anche da Lillian Schwartz portano una non trascurabile “adduzione di acqua” al “mulino” di chi sostiene che la Sindone non è il sudario che avvolse il corpo di Cristo come poi sembra anche dimostrato, in chiave scientifica non molto tempo fa, da i tre laboratori citati in premessa, cioè che il lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino è di epoca medioevale e non augustea. Ovviamente l’enorme ed affascinante diatriba sull’essere originale della Sindone sia in chiave scientifica che storica non è finita e non poteva finire con quanto suddetto perché nel frattempo, in tempi ancora più vicini a noi, sono giunte nuove prove che in questo caso dimostrerebbero che il Sacro Lino è del periodo al quale si fa risalire la crocifissione e la relativa deposizione di Gesù. Infatti due team, uno delle Università di Padova, Modena e Bologna, l’altro dell’Enea di Frascati, hanno dimostrato che la Sindone è vera. Smentendo in questo caso gli esami al carbonio 14 fatto dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo. In questo caso a Padova, il professor Giulio Fanti ha datato nuovamente il telo stabilendo che risale al I secolo a.C. con uno scarto di 250 anni, prima o dopo. Un periodo comunque ben lontano da quello ipotizzato nel 1988 dai suddetti tre laboratori i quali all’unisono affermarono che il lino della Sindone fosse un tessuto medioevale. Il prof. Fanti afferma che il suddetto esperimento straniero è stato inficiato da problemi di contaminazione. Fanti in questo caso non ha usato il C14, ma tre altri metodi: Spettroscopia Raman e Spettroscopia Infrarossa a trasformata di Fourier, e uno strumento per la “datazione meccanica” del filo di lino. Fondamentale ed estremamente interessante nello specifico è la metodica concernente lo studio della fibra infatti:”È stato necessario effettuare prima analisi dello stesso tipo su altri brandelli di lino, undici in tutto, provenienti da varie e accertate epoche storiche (Antico Regno egizio, Medioevo, Era moderna ecc.).

Così si è potuta costruire una scala di valori cui mettere in relazione la fibra del lenzuolo di Gesù”. E poi ci sono le bruciature fatte da “Un lampo straordinario” e qui entra in ballo il team dell’ENEA di Frascati che: Grazie a un laser a eccimeri, ha riprodotto su un lenzuolo (moderno) le stesse caratteristiche “bruciature” presenti sul “Sacro Lino”. Avvalorando la tesi che fu un lampo di straordinaria intensità a impressionarlo per sempre. “Nel 2005 cominciammo a fare degli irraggiamenti sul lino variando il numero dei “colpi” (laser, ndr), la distanza tra di essi e l’intensità”, spiega il ricercatore Paolo Di Lazzaro, “ma il tessuto si bruciava completamente oppure non succedeva nulla”. Prova e riprova, arriva il successo. “Il segreto stava nella durata dei singoli colpi, non dovevamo superare i 50 miliardesimi di secondo”. La “formula magica” per ricreare l’Uomo della Sindone è stata poi completata, in laboratorio, con un altro parametro: la lunghezza d’onda del raggio laser, che dà la tonalità della colorazione. “Con gli UV si otteneva un giallo scuro o marroncino, per ottenere il cosiddetto “giallo sindonico” abbiamo dovuto lavorare nel campo del Lontano Ultravioletto”. Interessantissimo e veramente affascinante. Ovviamente con tutto il rispetto per la grande scienza non poteva (e non doveva) mancare la rispettabilissima opinione di chi detiene fisicamente la Sacra Sindone ed infatti su queste nuove indagini, si pronunciò l’allora arcivescovo di Torino, il cardinale Giovanni Saldarini che espresse tutti i suoi dubbi di religioso: “Circolano sempre più notizie di esperimenti fatti su campioni di materiale sindonico allo scopo di verificare i risultati delle analisi effettuate col metodo del Carbonio 14 nell’estate del 1988?, scrisse il vescovo in una nota “Per quanto l’obiettivo possa essere legittimo e la Chiesa riconosca a ogni scienziato il diritto di fare le ricerche che ritiene opportune nell’ambito della sua scienza, in questo caso è necessario chiarire che: a) nessun nuovo prelievo di materiale è avvenuto sulla Santa Sindone dopo il 21 aprile 1988 e sia alla Proprietà sia alla Custodia della Sindone non consta che possa esserci materiale residuo di quel prelievo in mano di terzi; b) se questo materiale esistesse, il Custode ricorda che la Proprietà non ha dato a nessuno il permesso di tenerselo e farne qualsiasi uso e prega gli interessati di rimetterlo nelle mani della stessa; c) non essendoci nessun grado di sicurezza sull’appartenenza dei materiali sui quali sarebbero stati eseguiti detti esperimenti al lenzuolo sindonico, la Proprietà e la Custodia dichiarano di non poter riconoscere alcun serio valore ai risultati dei pretesi esperimenti; d) ciò non vale evidentemente per le ricerche avviate con materiale prelevato con esplicita autorizzazione del Custode durante gli esami dell’ottobre 1978; e) nel clima di reciproca fiducia con il mondo degli scienziati, la Santa Sede e l’Arcivescovo di Torino invitano gli scienziati a pazientare finché sia giunto il tempo per la realizzazione di un chiaro programma di ricerche organicamente concertate”. Ergo il “mistero” della Sindone e sulla Sindone continua e di questo mistero, puntualmente, ne viene a far parte ( manco a dirlo) un Genio, che di nome fa Leonardo, il quale di misteri (o presunti tali) ha infarcito, volutamente o non, tutto il suo sommo percorso di Immenso ed Ineguagliabile Artista e Scienziato”.

Arnaldo Gioacchini