“Se permettete a Cerveteri ha vinto il noi”

massimo saltamerendaCERVETERI – Ospedale di Bracciano, la notte che precede la vittoria referendaria ci presenta una cronaca fatta di cessi sporchi di urina, di sangue, di sacchetti pieni di scorie emesse dal corpo, di cose rafferme, di puzze e di suoni corporali incontrollati e informali, ma è lo stesso quadro della mattina dopo, dove tutto viene ripulito e che accompagna le ore della vittoria in questo luogo di sofferenza, ma anche di pausa dall’essere disumano che a volte caratterizza la nostra quotidiana normalità.
E’ una cronaca contenta che prosegue con il suo sottofondo di urla e incubi notturni sofferti e sconnessi. Quella di corpi usurati dal tempo che durante la giornata li vedi leggere il giornale padronale e borghese di turno e che commentano anche con le loro dentiere traballanti, ma che poi all’alba si svegliano smarriti come bambini indifesi, completamente rincoglioniti, con la mascella penzoloni alla ricerca di parenti inesistenti, di ricordi e di badanti che li non ci sono. Un popolo che in quel luogo viene e consuma pacchi consistenti di solidarietà.
Quelli anche se ora siamo più giovani, saremo comunque noi.
Poi ci sono anche quelli che insomma, si fa per dire, stanno bene o dovrebbero star meglio; quelli che in ospedale ci lavorano, quelli che questa cronaca la vivono con distacco e che fanno la fortuna di quelli di prima. Corrono o ciabattano di giorno e di notte, sono gentili, portano cateteri e padelle; a richiesta se non ti vergogni ti fanno pure un clistere; ma che sono anche stanchi, vittime di turni incessanti, di bende da cambiare, di cartelle cliniche da fare con la carta riciclata perché le risme li, non ci sono; di carrelli, di scope, di spazzoloni, di stracci, di tubi e medicine da trascinare su e giù per la corsia.
Quelli siamo sempre noi.
E arrivano i parenti, i genitori, gli zii i nipoti. Stanno li a fare i capannelli a quelli come noi, li riconosci perche non hanno i pigiami come noi, ma se un giorno il cuore gli fa ‘click’ li trovi li seduti li proprio nello stesso posto dove adesso siamo noi.
E quindi anche loro siamo noi.
Noi come comunità dentro a un contenitore comune, contenti si per la vittoria ai referendum, ma senza sbraitare o esultare stiamo li nel ventre, in questo stomaco che digerisce le nostre sofferenze, pieno di pentimenti per una vita poteva essere spesa meglio, ma anche di preghiere di recupero e di speranze. Questo sarcofago pieno di liquidi e mucose è la sintesi di quello che abbiamo saputo creare, immaginare e mantenere di ciò che abbiamo fatto bene e di ciò che abbiamo fatto male, razzolando, profittando. Non è certo un gran che questo luogo seppure pieno di antibiotici, ma esiste ed è nostro e quando alle 2 di notte ti prende il coccolone quello sta li e con le sue macchine con i suoi laboratori che lavorano senza arricchirsi sulle tue disgrazie e sembra quasi di stare in una reggia.
Anche quel luogo siamo noi.
Noi, dentro così uguali, ma diversi quando stiamo fuori da li. Un po furbi, un po ruffiani, un po accaparratori, ma anche onesti, forse ingenui. Ma l’ospedale delle imperfezioni è anche un urna piena di SI per i beni comuni, dove ognuno esprime il suo voto e la sua indignazione attraverso un rantolo oppure come fa Paolino vecchio Cereterano doc logorato dalla fatica che canta le sue ottave, in corsia, da poeta, a braccio. Un maestro sconosciuto da terza elementare, uno tipo, Buena Vista Social Club, un bene comune, un monumento alla vita per niente valorizzato dai vari assessori comunali del turismo e dello spettacolo post televisivo.
Anche Paolino siamo noi.
Paolino un Cervetrano come Noi,  quelli che non importa se al referendum, quello ufficiale, siamo andati a votare solo in 53,77 su 100, superando tuttavia con il nostro quorum pure la tanto blasonata e progressista Ladispoli, città di abili sindaci e di amministratori, perché la prossima volta e per sempre non servirà più votare per l’acqua pubblica e contro il nucleare.
Ma ora c’è da salvare invece gli ospedali e l’ambiente dagli inceneritori, ma anche dalle scelte sbagliate degli abili amministratori, dal consumo indecente di territorio e li saremo molti di più anche perché pure a Ladispoli e a Fiumicino anche li siamo noi; e non importa se lo faremo insieme ai vari capobastone dell’opportunismo politico, a quelli che per esempio non vogliono le bandiere di partito alle manifestazioni popolari, quelli che cavalcano le sommosse da ambientalisti senza colore e che snobbano noi i militanti del simbolismo quelli che però diventano buoni quando concedono a loro le liste elettorali dei partiti, di quella parte di noi, di bene comune che allora diventa buona solo quando incarna e sfoggia le loro eccellenti biografie.
Non importa, perché, per me e lo dico sottovoce, per non farmi sentire troppo da loro, dopotutto quella dei referendum è stata una vittoria tipicamente comunista nel senso più largo del termine e anch’io che senza vergognarmene sono sempre rimasto tale. Malgrado loro anch’io sono noi.
Resta solo un problema da risolvere, quello di migliorare un po’, tutte e tutti.

Massimo Saltamerenda – Partito della Rifondazione Comunista FdS – Circolo di Cerveteri e Ladispoli