CIVITAVECCHIA – La campagna dei saldi invernali è partita, anche a Civitavecchia, con numeri in flessione; e non si tratta del solito lamento, ma la crisi oltre ad essere visibile ad occhio nudo, si associa ad altri fattori che stanno mettendo in grave difficoltà il commercio e il settore dei servizi.
La crisi e la recessione che stiamo vivendo determinano tensioni occupazionali, mancanza di clima di fiducia, riduzione del potere d’acquisto aumento del carico fiscale, bollette più salate, con manifestazioni che hanno visto protagonista anche il nostro territorio.
Sono significativi i dati del nostro ufficio studi sulle cessazioni delle attività: 46.531 tra gennaio e settembre 2011, con 40.000 posti di lavoro persi. Civitavecchia sicuramente segue lo stesso trend in percentuale.
Con saldi e crisi ovviamente va in default la liquidità, e iniziano i problemi con fornitori e banche.
Ne fanno le spese le imprese più piccole, collocate in territori sfavoriti come il nostro.
Le banche, alcune banche, hanno fatto molto, ma debbono fare di più; deve esserci una maggiore disponibilità di credito, in una fase di crisi come questa, altrimenti rischia di rivolgersi verso settori pericolosi.
È sintomatico vedere l’andamento del fenomeno dell’usura, esplosa in questi anni per capire l’urgenza del problema, che non va assolutamente sottovalutato, anzi.
Ovvio che la situazione si allarga ad altri settori, tutti in cerca di ascolto risposte e soluzioni.
Esiste anche in città un disagio sociale che non è più limitato per classe, ma è trasversale e le manifestazioni di questo ultimo periodo a Civitavecchia, dimostrano che tale disagio attraversa strati di quel micro capitalismo molecolare, piccoli imprenditori, pescatori, camionisti che con le loro aziende mandano avanti figli disoccupati e, con il coltello in bocca gestiscono aziende in crisi.
Un ceto medio, che non riesce a pagare il mutuo e tenere aperta l’azienda a fine mese; ormai vicino al collasso, e che ha bisogno di politica, di scelte di riflessioni, di sviluppo.
E’ in atto un mutamento, una metamorfosi sociale, che rischia di corpo ratizzarsi, di passare a forme di puro ribellismo.
Per evitare ciò, c’è bisogno di politica; ma la politica in questa città, deve capire che lo sviluppo è nei servizi, nel turismo di sistema e nel porto, non utilizzando vecchi metodi, non più sufficienti; i problemi non vanno branditi come clave, ma risolti, o peggio utilizzati per meri fini elettorali; in questa città presupposti per lo sviluppo ce ne sono e vanno sviluppati, non con proclami rivoluzionari, o “future palingenesi” ma con il riformismo del giorno dopo giorno, “il gradualismo delle trasformazioni”.
Ad un rivolgimento sociale, a situazioni di crisi, deve rispondere sempre la politica e le forze sociali, che forse per la vicinanza a imprese e iscritti sono più consapevoli di un futuro angoscioso, a cui bisogna dare risposte.
Tullio Nunzi