CIVITAVECCHIA – Un episodio triste, ma da non dimenticare quello accaduto nei giorni scorsi nei pressi dell’Uliveto quando un ragazzo di diciannove anni è stato aggredito, dopo essere stato vessato verbalmente, da un gruppo di giovani probabilmente usciti da poco da scuola. La motivazione ormai la conosciamo tutti, è stato aggredito perché gay e perché non si vergogna di essere se stesso, scegliendo un look personale e che non lo fa scomparire all’interno del gregge. A lui va la piena solidarietà di noi di Spartaco e, oltre questa, la nostra ammirazione. Si, ammirazione, e non per il coraggio e l’equilibrio dimostrati in quel frangente, ma per la forza che dimostra nella vita di tutti i giorni scegliendo, giorno dopo giorno, di essere se stesso. Queste sono le persone che stimiamo, almeno quanto deprechiamo, invece, i suoi aggressori, espressione di una società claustrofobica, superficiale e vile nonché di una mala, o del tutto assente, educazione. Proviamo una riflessione. Come mai dei ragazzi si sentono in diritto di apostrofare e offendere un altro ragazzo che va tranquillamente per la sua strada, portando a spasso il cane? E come mai arrivano a mettergli le mani addosso? Certo sono dei bulli, ma da dove nasce questa sicumera di poterlo fare, di essere nel giusto? E’ su questo che dovremmo ragionare. A quell’età è ancora forte il bisogno di identificarsi in un gruppo per poter confrontarsi e costruire la propria personalità sentendosi al sicuro, questo porta gli adolescenti a vestire in maniera uniforme, ad adottare lo stesso lessico, all’uniformità dei gusti. Eppure, tutto ciò diventa motivazione per isolare e attaccare chi non si conforma solo quando sono carenti altri valori, valori che, nel delicato periodo della formazione della personalità, vanno tenuti ben fermi dalle figure genitoriali e, possibilmente, dalla scuola. E’ compito del genitore illuminare la via per la costruzione di una coscienza critica, indicando, soprattutto con l’esempio, un modo di vivere etico ed insegnare il significato di parole come libertà e rispetto. E questo, purtroppo, molto spesso manca. Anche la scuola, quando, con la crescita del bambino, si trova a doversi affiancare alla famiglia in questo delicato e bellissimo compito di preparazione dei cittadini di domani, si scopre impotente perché non supportata da un ambiente familiare che spesso ha come massima aspirazione il televisore nuovo dallo schermo ancora più grande. A tutto ciò aggiungiamo che, nella realtà di Civitavecchia, le offerte culturali e educative sono davvero poche e i giovani si ritrovano a passare i pomeriggi nel vuoto più totale. E il sonno della ragione, si sa, genera mostri. Dispiace per le loro vittime, ma anche per loro perché destinati ad attraversare la vita nella cecità e nella mancata comprensione di ciò che li circonda. Mi viene in mente una polemica incontrata più volte su facebook: il terrore di alcuni genitori che la riforma della scuola prevedesse l’insegnamento della teoria gender, quasi che si aspettassero che il governo avesse deciso di convincere bambini e adolescenti a compiere tutti in blocco scelte omo anziché etero in materia di sessualità! Ovviamente non c’è nulla di vero, nessuno insegnerà a scuola ai nostri figli quanto sia bello essere omosessuale o transessuale, ma in questa paura c’è l’atavico terrore che qualcosa di non preventivato, di non incasellato, di non addomesticato, possa venire a turbare la mediocre esistenza fatta di tante piccole caselle in cui riporre e catalogare la vita, per arginare l’ignoto. E’ questo che spinge verso l’omofobia, ma anche verso la xenofobia. Invece, credo che sarebbe ora che a scuola si parlasse davvero di questi argomenti e non per insegnare cosa sia meglio o peggio, non per spingere a scegliere un modo di essere piuttosto che un altro, ma per insegnare che esistono diversi paradigmi di vita e che ognuno ha una sua ragione d’essere. Parlarne insieme, confrontarsi, aiuterebbe semplicemente a capire e ad aprire la mente contro i pregiudizi perché la vita non si lascia incasellare. Dunque, cosa insegnare ai nostri ragazzi? Ad essere tolleranti? Assolutamente no. Quale arroganza pensare che chi compie scelte diverse dalle nostre abbia bisogno della nostra tolleranza per viverle! E’ un diritto, un diritto di tutti perseguire la propria personale idea di felicità, a patto ovviamente di non nuocere a nessuno! Il mio invito è all’intolleranza: mettiamo in essere una totale e tenace intolleranza verso l’immoralità di chi pretende di fare scelte per gli altri, di ingabbiare la vita nei propri asfittici paraocchi, di limitare le possibilità altrui di felicità! E personalmente credo che questo atteggiamento intriso di ignoranza e bigotteria vada a braccetto con la presenza sul territorio nazionale di uno stato estero quale il Vaticano. La finta apertura dell’attuale papa è solo nei modi, ma non nella sostanza: chi compie scelte al di fuori dell’eterosessualità viene accolto e non rifiutato, ma come pecorella smarrita che erra e che deve superare il proprio sbaglio con la castità e la preghiera. Tant’è che l’atto politico del prete polacco che ha gridato a gran voce di avere un compagno non è risultato per niente gradito ed è costato a Charamsa l’insegnamento. Niente di nuovo sotto il sole. Noi di Spartaco aspiriamo ad un mondo colorato in cui ognuno sia libero di coniugare liberamente la propria vita. Un mondo in cui i valori primi siano il rispetto e la solidarietà verso gli altri e la libertà di essere qualsiasi cosa si voglia essere. Come arrivarci? Aprendo le nostre menti per capire che ciò che esula da noi non necessariamente ci ucciderà, accettando di non poter decidere sulla pelle degli altri ed educando sul serio i nostri figli.
Sabrina Martinelli – Associazione “Spartaco”