CIVITAVECCHIA – Non vi parlerò dei Black Block.
Se volete un lamento cosmico sulle violenze ed un “peccato per la manifestazione” da me non lo avrete.
Il corteo romano, al quale ero presente dietro lo striscione della Lega dei Socialisti, non è stato solo intemperanza. Il valzer delle cifre, con la solita sproporzione tra quelle fornite dagli organizzatori e quelle della questura, non può ingannarci stavolta. Il corteo era davvero un fiume in piena con una partecipazione enorme: gli “indignati” non sono più un leitmotiv ad uso degli operatori dell’informazione, ma una realtà tangibile, persone in carne ed ossa. E sono tanti.
Quel che dobbiamo imparare dalla mobilitazione romana del 15 ottobre prima e da quella mondiale poi è che la questione della lotta al capitale ridiventa centrale sulla scena politica.
Provo una certa pena per tutti quelli che, con la scusa del “black block”, minimizzano questa verità. Si tratta, perlopiù, di cariatidi della politica o aspiranti tali che guidano soggetti politici vecchi dentro, anche se biologicamente giovani.
I partiti dell’era del maggioritario o quelli che, a sinistra, rincorrono il maggioritario, nascono per gestire società opulente, in cui il livello di “conflitto di classe” (chiedo scusa per il termine demodè), è basso e facilmente occultabile. Questi partiti hanno ucciso la loro stessa base, trasformando i propri tesserati in utenti o consumatori, passando dal “partito di massa” al “partito d’opinione” per arrivare, emulando tristemente il berlusconismo, al “partito del leader”. Sviluppano, questi soggetti, politiche conseguenti che sono, nei fatti, centriste e scarsamente ideologizzate, con pochi ragionamenti, scarsa riflessione collettiva, scarsa compartecipazione alle scelte, ma molte parole d’ordine.
Paradossalmente sono anche loro vittime della crisi economica.
E’ stato patetico il continuo cercare di arrivare prima degli altri nel condannare la violenza dei leader del centro sinistra. Tutti scansano il vero ed evidentissimo senso di questa manifestazione: la lotta di classe esiste, il capitale non è più accettato come unico orizzonte possibile, le banche europee non sono divinità intoccabili e la democrazia non è riducibile a due schieramenti che, con il benestare dei rispettivi padroni, si dividono a turno la torta.
Lascerei ad altri il fin troppo facile “condannare la violenza”, i “peccato” che (come quello di Draghi) nascondono, in verità, un universo perverso e la dissertazione filosofica sull’intima natura, se istituzionale, esotica o “napoletana” del black block.
Io ripartirei da qui, dal significato culturale, politico ed umano dell’indignazione, dagli uomini e dalle donne che erano fisicamente in piazza.
Mario Michele Pascale