CIVITAVECCHIA – Lettera aperta al Comandante del Corpo di Polizia Urbana di Civitavecchia
Egregio Comandante,
Le scrivo queste poche righe per l’affetto profondo che mi ha trasmesso mio padre nei confronti del Corpo dei Vigili Urbani di Civitavecchia.
Chi, come me, ha avuto il padre che ha indossato la divisa da vigile, instaura con quella uniforme un rapporto particolare, forse perché ci rivede il proprio genitore, perché fa parte della tua vita. Sabato 8 marzo è purtroppo venuto a mancare mio padre che, quella divisa, l’ha indossata per più di 20 anni e ancora oggi la custodiva gelosamente nel suo armadio. Erano gli anni in cui il Comando era presso la casa comunale e poi in via Strambi, quando i vigili sequestravano i palloni da calcio ai bambini che giocavano per strada, quando al matrimonio di un vigile i colleghi motociclisti “scortavano” la macchina degli sposi, quando Stefano era semplicemente “il figlio di Antonio”, Luca “il figlio di Franco”, Eleonora e Mauro “i figli di Erbano” e Gianni “il figlio di Franco”; quando Giovanni Balottari era per tutti “Giovannino” e Silvio Mari era solo “Silvietto” , quando tra vigili ci si chiamava per nome, perché il corpo dei Vigili Urbani era una grande famiglia unita.
Eppure, nonostante al Comando esista ancora oggi una grande foto con mio padre in divisa da … calciatore, alle sue esequie il Corpo dei Vigili Urbani di Civitavecchia non era presente.
Tanti si sono domandati il perché di questa assenza, inspiegabile per molti ex colleghi che in questa triste occasione ci sono stati splendidamente vicini, che hanno voluto “montare in servizio” per l’ultima volta con Antonio: c’erano Giancarlo e Gino, Giovannino e Franco, Maurizio ed Eleonora, Enzo e tanti altri ma, al contrario non c’era nessuna divisa a salutare mio padre che, sicuramente, avrebbe apprezzato perché a quella divisa ha dato tanto!
Le basterà chiedere ai vigili “anziani” oppure ai tanti Civitavecchiesi che lo hanno conosciuto, sarebbe sufficiente rileggere i vari encomi o le vecchie cronache locali dei giornali che parlavano di un vigile urbano che, pur essendo fuori servizio, arresta tre pericolosi spacciatori di banconote false oppure riusciva a fermare la corsa di un cavallo imbizzarrito a corso Centocelle, parlare con Valentino Carluccio che le dirà quante volte con la pattuglia annonaria, insieme ai suoi “amici-colleghi” Enzo e Franco, ha portato a termine importanti operazioni, basterà semplicemente informarsi per capire perché l’assenza del Corpo dei vigili ai funerali di mio padre è un fatto che ha lasciato l’amaro in bocca a molti. Perché, come ha detto un collega di mio padre, “se ci fosse stato Erbano avrebbe fatto un casino!”
Tutto questo l’ho vissuto in prima persona oppure attraverso i ritagli di giornale, le onorificenze e i ricordi delle persone, ed è proprio per questo ho notato con tanta amarezza questa “dimenticanza”.
Una dimenticanza che lascia tanta delusione: perché mio padre quella divisa l’ha amata come una seconda pelle, perché ho letto nei suoi occhi l’amarezza quando, nel 2013, per la prima e unica volta, non è stato invitato a partecipare alla festa del Corpo, perché mio padre è morto portando al collo una medaglia d’oro dove c’è scritto “al vigile urbano Antonio Godani”, perché ai suoi funerali ho ricevuto abbracci da persone che mi hanno parlato, con la voce rotta dall’emozione e gli occhi lucidi, di “Godani il vigile”, perché, sin da bambino, per tanti io ero semplicemente “il figlio di Antonio la guardia”.
In questi anni ho conosciuto tanti “comandanti”, loro certamente non avrebbero, come non lo hanno fatto, dimenticato mio padre.
Con rispetto.
Stefano Godani – figlio di Vigile urbano