“La colpa è di chi ha accerchiato il nostro futuro”

scontriCIVITAVECCHIA – Io c’ero. Ero a Roma durante la manifestazione del 14 dicembre. Studenti e precari, giovani, meno giovani ed invecchiati di colpo.
La mia memoria è andata, subito, a fare un parallelo tra quegli studenti e gli studenti della pantera, tra i quali c’ero anche io. Mancava qualcosa rispetto al ’90, e c’era qualcosa in più; mancava la gioia di essere in piazza, mancavano i colori, mancava l’idea di combattere per poter plasmare il nostro domani. In più c’erano la tristezza e la rabbia, profonde.Il 14 non c’era un passato da cui attingere saggezza ed esempi ed era chiaro a tutti che non si stava lì in nome di un futuro, di una idea del mondo.
Contava solo l’adesso, la rabbia e l’esprimere la propria impotente presenza nel mondo.
Impotente perchè Silvio è rimasto sul suo scarnno con maggiore boria di prima. Impotente perchè i padroni del vapore resteranno comunque al loro posto, le banche continueranno a vivere sulla pelle di chi paga i mutui, i poveri diveteranno sempre più poveri, e non ci sarà spazio, nel mondo di domani, per chi oggi studia.
Torneremo ad una società preindustriale, dove la povertà diffusa sarà non un’eccezione, ma parte del paesaggio “naturale” delle nostre città, dove il merito decadrà definitivamente e conterà, soltanto, la discendenza, la paternità e la maternità. Alcuni figli erediteranno l’agio e il privilegio dei padri ed altri saranno condannati a vivere la stessa miseria e marginalità dei genitori.
Non ci sarà più spazio per nessuno.
Parlando con quei ragazzi, più o meno giovani, non si respirava aria di rivincita nè un qualsiasi sol dell’avvenire; la sensazione era di vivere come animali in trappola.
Oggi è fin troppo facile dire che “ci sono state violenze”, ancora più facile dare la colpa ai “black block”, agli anarco insurrezionalisti o, come amano dire i giornali, “ai soliti infiltrati”. La violenza non ha avuto un copyright; anche molte facce “insopettabili”, studenti da trenta e lode e timidi operatori di call center, hanno alzato le mani.
Quando un’animale viene inseguito, braccato, ed entra in un vicolo cieco, di fronte all’impossibilità di scappare in lui scoppierà la violenza pura, quella che deriva direttamente dall’istinto alla sopravvivenza.
Così è stato. La colpa è di chi ha accerchiato il nostro futuro e di chi non ci ha dato più una via d’uscita dall’eternità del presente.
Il colpevole è il Leviatano, che vuole troppo dai suoi sudditi. Il patto su cui si basa la politica vuole che il sovrano tutto possa fare, tranne che attentare alla vita dei suoi cittadini; privare gli uomini e le donne di questo paese della possibilità di avere un futuro vuol dire attentare alla loro esistenza.
La violenza, che dovrebbe essere evitata dal Leviatano che esiste proprio per portarci fuori da uno stato di guerra permanente, è da esso stesso provocata. Il corto circuito è evidente.
Il potere va al di là delle sue prerogative e del patto originario, chiedendo quello che non si dovrebbe mai chiedere. L’esempio più banale è un ministro, Ignazio la Russa, che si rivolge ai suoi stessi cittadini dicendo “dovete morire!”.
E’ triste doverlo ammettere, ma Andreotti non l’avrebbe mai fatto …
Certo i benpensanti diranno che la violenza non aiuta il movimento. Un movimento che non c’è; i movimenti si muovono verso un’idea del futuro, che qui viene negata a priori.
E’ facile, da una redazione giornalistica satolla di capitali e comodità, da uno scranno televisivo scandalosamente ben pagato, fare i gesuiti. In piazza, dall’angolo visuale dei manifestanti, vi assicuro che le considerazioni erano molto diverse.
Non mi definisco un non violento, ma sono contrario ad un uso stupido, irragionevole e disumano della violenza. So, anche, che questa fa parte del nostro bagaglio genetico e, pertanto, non farò sfoggio di falso moralismo e non la condannerò. Reputo la violenza dei manifestanti del 14 una forma di autodifesa. Gli scontri di piazza non vengono evitati nè dalle prediche nè dai manganelli. Va sanato cio’ che è all’origine della rabbia o, se è proprio impossibile farlo, va data un’alternativa anche sul lungo periodo, ma una risposta va comunque data. Questo dovrebbe essere il compito della politica: dare alternative ed indicare un futuro scavalcando gli interessi particolari e quelli delle caste.
Qui invece, e questa è una responsabilità sia della destra che della sinistra, si governa cercando il beneplacito dei padroni del vapore (cui tutti si accostano come gatti che fanno le fusa), si rende la rappresentanza politica un affare tra pochi, si chiudono gli spazi di democrazia. Centinaia di migliaia di persone sono, oggi, prive di rappresentanza politica e non possono far sentire la propria voce nelle istituzioni. Il risultato è che la alzano in piazza.
Colpa loro o di chi ha inventato il bipolarismo e lo sbarramento al 4%?
E’ colpa degli studenti, dei precari, dei nuovi e vecchi poveri o di chi misura la loro esistenza in termini di Pil, lavandosi la coscienza sotto un fluire di numeri?
A mio modo di vedere la manifestazione del 14 segna uno spartiacque. Lì, di fronte ad un parlamento lontano dal paese, tra i volti delusi e rabbiosi dei manifestanti, davanti all’impossibilità di avere un futuro, è realmente terminato il novecento.

Mario Michele Pascale