CIVITAVECCHIA – Fare il pendolare è un mestiere e un’arte. Il mestiere è quello duro e obbligato del viaggiare tutti i santi giorni per recarsi dalla sede della propria vita quotidiana al posto di lavoro e viceversa. L’arte è una perenne, vigile e acuta attività dello sguardo finalizzata a rendere sicuro e meno faticoso possibile il viaggio.
Il pendolare è un osservatore eccezionale. Con un colpo d’occhio capisce molte, moltissime cose. Dopo aver raggiunto la stazione ferroviaria di Civitavecchia, essersi assicurato che il treno per Roma sia in orario e in partenza dal solito binario, ancor prima di raggiungere la banchina deve calcolare da quale punto gli conviene salire: dipende dal numero dei colleghi pendolari (d’inverno tanti, d’estate tantissimi) e dalla loro disposizione sulla banchina.
Fatta questa serie di operazioni eccolo scegliere la carrozza. Il pendolare esperto sa che non conviene attendere il treno nei pressi dei sottopassaggi perché in genere lì si assiepa una massa di viaggiatori apparentemente più pigri degli altri. Errore. Questi colleghi possiedono eccezionali doti feline: all’arrivo del treno scattano come un solo uomo davanti alle porte realizzando una falange impenetrabile; riescono così a salire per primi sul vagone e in un battibaleno occupano tutti i posti: basta un attimo di distrazione e rischi di restare in piedi da Civitavecchia a Roma (un’ora e un quarto, salvo ritardi). Ecco allora il nostro viaggiatore scaltrito da anni di su e giù, giù e su dirigersi verso le carrozze più lontane, in testa o in coda. Lì la calca è meno pressante e maggiori sono le chance di procurarsi un posto a sedere senza farselo soffiare dalla concorrenza.
Una volta salito in carrozza altre gare di abilità attendono il pendolare. Scegliere senza perdere un attimo di tempo il posto più comodo in base ai propri bisogni e alla propria esperienza. Ad esempio: se vuole leggere un libro in santa pace o mettersi già al lavoro deve assicurarsi una postazione dove l’illuminazione dello scompartimento sia sufficiente (capita che in galleria si rimanga al buio e quasi sempre i faretti direzionali collocati sui ripiani sopra i sedili non funzionano). Se ce la fa il nostro Ercole della rotaia deve sedersi nella poltroncina vicino al finestrino e non su quella dalla parte corridoio perché il corridoio dopo Santa Marinella (10 minuti di tragitto) inizia a riempiersi di pendolari costretti a stare in piedi stipati come sardine e viaggi così con gente che per un’ora ti sta addosso.
Ma le fatiche non finiscono qui. Il pendolare deve valutare in un istante se chi gli siede vicino è particolarmente chiassoso o meno (se vuole stare tranquillo gli conviene sedersi in uno scomparto a due posti e non a quattro perché spesso quelli a quattro sono occupati da gruppi amicali che chiacchierano senza sosta dall’inizio alla fine del viaggio); se il nostro pendolare poi presume che durante il tragitto verrà assalito da qualche bisogno corporeo deve assicurarsi che la toilette dello scompartimento non sia chiusa per guasto (cosa che capita con estrema frequenza nella disgraziata linea Civitavecchia-Roma); se è un tipo freddoloso gli conviene cercare un vagone dove il riscaldamento funzioni; se invece soffre particolarmente la calura estiva lo vediamo tutto frettoloso tentare di raggiungere le carrozza dove funziona l’aria condizionata.
Fatti tutti questi calcoli stressanti c’è la dura realtà: quasi mai il pendolare riesce a realizzare una condizione ottimale di viaggio perché come minimo una delle sue operazioni non è andata a buon fine. E così c’è sempre qualcosa che non va. C’è sempre qualcosa che non funziona. Comunque sia si parte e questo è l’importante. Si arriverà in orario? Succederà qualcosa lungo il tragitto?
Queste sono incognite con cui il pendolare fa i conti ogni giorno. Per la linea ferroviaria non c’è certezza, un po’ come per il doman di Lorenzo il Magnifico. Nel tempo il pendolare ha imparato a non farsi prendere dall’ansia e si è trasformato in un pragmatico per eccellenza: affronta i problemi quando accadono. Tanto sa che la tratta Civitavecchia-Roma nessuno ha intenzione di portarla a standard minimamente degni di una paese civile. Né la politica (destra o sinistra che sia), né la burocrazia delle varie amministrazioni pubbliche, né tantomeno le esose e inefficienti Ferrovie dello Stato.
Patrizio Paolinelli