CIVITAVECCHIA – Confindustria, allineando un cartello di “produttori” e profetizzando un neo corporativismo in puro stile fascista, alza la voce. Della Valle si fa paladino dell’antipolitica. George Soros, il magnate americano di origine ungherese, dall’alto della sua esperienza pontifica che il disastro è imminente, a meno che l’Europa non nomini un unico ministro del tesoro, le banche vengano messe sotto il controllo diretto della banca centrale europea e che i paesi “a rischio” come Spagna ed Italia vengano rifinanziati a basso costo dalla Bce, ovvero che i banchieri europei tengano i loro governi per bene al guinzaglio, agitando, come se fossero un bastone, i futuri “pagherò”.
E’ bello vedere il capitale italiano ed internazionale preoccuparsi per gli effetti della crisi. Vale la pena ricordare, però, che anche le grandi imprese hanno la loro responsabilità. Oggi gridano chiedendo “riforme”, “conti in regola” e che si attuino politiche di crescita; in passato ogni qual volta navigavano in cattive acque, non per la crisi globale, ma per pura e semplice incapacità imprenditoriale, pietavano dai governi in carica aiuti, commissioni, incentivi, inciuciando a destra e a manca.
Quando le imprese erano ricche cosa hanno dato al “sistema Italia”? Investimenti? No, delocalizzazioni. Hanno messo denaro almeno, nella ricerca? No, molto più comodo acquistare i brevetti dall’estero. Hanno fatto compartecipare i lavoratori ai benefici della fase positiva? Per carità, non bestemmiamo. In cambio abbiamo avuto fiumi di flessibilità e la precarietà dei giovani lavoratori elevata a sistema.
La domanda, semplice, spontanea, è “cosa vogliono adesso”?
Il qualunquismo di Della Valle si commenta da solo. E’ la reazione, isterica, di una persona che guarda al mondo dal punto di vista di una singola impresa. E’, in pratica, la risposta di un bottegaio che inveisce in generale, ma si guarda bene dal fare nomi e cognomi dei colpevoli. Questo per non compromettersi troppo.
Soros, uomo di ben altra levatura, mantiene un atteggiamento ieratico, impassibile. Uomini e donne, semplicemente non esistono. L’unica cosa che conta sono i mercati e la loro tenuta. Punto.
Questa volta sono io, semplice cittadino, che dico alle imprese e all’economia “vegogna!”. Più che guardare ai guasti della mala politica (che ci sono e che vanno corretti, punendo con forza i responsabili) gli imprenditori dovrebbero guardarsi allo specchio. Sia in Italia, dove per anni hanno munto l’eterna vacca dello Stato, sia altrove. Del resto la crisi è iniziata quando si è preteso di speculare anche sulla spazzatura …
Mario Michele Pascale