“Corruzione, la risposta di Barbaranelli non mi convince”

CIVITAVECCHIA – Francamente non mi convincono gli argomenti di Barbaranelli contenuti nella risposta data al sindaco Cozzolino per affermare che gli amministratori di Civitavecchia sono stati da sempre uomini probi ed onesti. Cozzolino, per parte sua, aveva affermato in una sua recente presa di posizione che, invece, la corruzione l’aveva fatta da padrone nella città. Probabilmente si riferiva agli anni della seconda repubblica e certamente alle amministrazioni e sindaci che l’avevano preceduto alla guida del comune. Aveva parlato, inoltre, di commistione di interessi privati e pubblici, di arricchimenti facili e altre forme di piccola e grande corruzione. Inoltre, aveva affermato di avere comunicato ad enti competenti le irregolarità commesse e aveva, infine, rivendicato per sé e per il suo partito il merito di avere iniziato un percorso di risanamento della cosa pubblica: “E Civitavecchia – diceva in particolare Cozzolino – dove la commistione tra affari e politica, tra interessi privati e gestione della cosa pubblica, ha prodotto danni inenarrabili, purtroppo non ne è e non ne è stata esente. Più o meno, e se ometto qualcosa me ne scuso. Io condivido la posizione di Cozzolino (salvo la rivendicazione dell’opera contro la corruzione che viene da molto più lontano ed è da ascrivere al merito della classe operaia, dei suoi alleati e delle sue organizzazioni) e, aggiungo che, se ha comunicato ad enti competenti per la vigilanza – come lui dice di avere fatto – la portata del livello di corruzione prodotta dalla politica cittadina ha mostrato di avere coraggio. Inoltre, io penso che l’occasionale vittoria dei grillini per la guida della città, ha avuto il merito di interrompere il lungo cammino delle famiglie storiche della sinistra cittadina nella gestione del potere locale e non solo. Se non sbaglio si tratta di almeno un cinquantennio e, forse, oltre: “sempre gli stessi!”, diventati una casta, un gruppo di famiglie e, in qualche caso, un mero gruppo di affari e portatori di interessi. Non solo alla guida dell’amministrazione comunale ma anche alla testa di organizzazioni prestigiose come la CGIL o la Compagnia portuale, tanto per fare degli esempi, ma anche di assessorati vari, locali, provinciali e regionali, presidenze di consiglio comunale e consigli di amministrazione ed enti teatrali. Quasi sempre con lauto compenso e conseguenti pensioni pesanti. C’è stata anche l’occupazione privilegiata di posti di lavoro in enti pubblici o altri centri di potere cittadino, come il porto e l’Enel e anche altro. E’ difficile trovare un membro delle famiglie impegnate in politica che non sia passato nei colossi energetici presenti nel territorio cittadino, nei comuni, nel porto e, quando il membro di famiglia non c’è, al suo posto ci stanno le aziende di famiglia. Ciò, evidentemente, per pochi mentre la moltitudine ne è stata esclusa. Questo rappresenta potere, che ha costituito e costituisce la radice per una conquistata condizione sociale di prestigio sempre per pochi, che ha determinato condizioni economiche personali di livello superiore rispetto a quelle di partenza, che ha garantito occupazioni di posti per i loro familiari e apparentati diretti e indiretti, che ha determinato divaricazioni sociali enormi fra ricchi e poveri, protetti e indifesi, coinvolti ed esclusi, cioè condizioni di ingiustizia per un verso e di corruzione per altro verso. Tutti questi benefici sono derivati dall’appartenenza alla grande famiglia della sinistra sino agli epigoni di Togliatti. La destra quando ha potuto ha fatto il resto ma, in ogni caso, non c’è stato un confine netto fra l’operato dell’una e dell’altra, c’è stato un sistema di “convergenze parallele”. Tutti questi benefici goduti attraverso decenni si chiama corruzione perché ha di fatto impedito il rinnovamento delle classi dirigenti che è, invece, garanzia di democrazia e di correttezza amministrativa. E non basta dire che nessuno degli amministratori del passato è mai stato investito da provvedimenti giudiziari per affermare mancanza di corruzione. “Come si può parlare in termini così sprezzanti della nostra storia, una storia fatta di personaggi come Renato Pucci, Archilde Izzi, Giovanni Massarelli, Pietro Guglielmini, Ennio Piroli, per citare solo i nomi dei sindaci purtroppo scomparsi? Chi si è arricchito?” Si chiede Barbaranelli, soffermandosi alla preistoria. Tutti sanno che quegli uomini erano puliti e che avevano un solido legame con le masse che rappresentavano. Tutti, però, sanno pure che non è più così per coloro che si sono succeduti. Ma come mai Barbaranelli omette di fare il nome di Tidei e famiglia da questo elenco di uomini probi? Forse perché si aspetta, furbescamente, che lo tiri fuori qualcun altro? O perché proprio non se la sente di difenderlo proprio nell’ottica della denuncia di Cozzolino?! In questo caso basterebbe tirare fuori il lungo elenco delle accuse di Moscherini in un opulento (dal punto di vista delle rivelazioni) libretto elettorale per capire cosa vuole dire arricchimento. Proprio ora che sembra che i due vadano d’amore e d’accordo in ottica antiportuale. E il punto è proprio qui: non si tratta di capire di indagini giudiziarie, di accuse e di assoluzioni, si tratta, invece, di capire il mutamento economico delle persone addette dal momento della loro entrata in politica sino al momento della rottura del loro rapporto con il potere. Barbaranelli si richiama ai miti del passato cittadino per giustificare e trovare delle motivazioni morali sul presente, che è ignobile, indecente, corrotto e corruttore proprio per quanto riguarda la sua parte politica. Ma poniamo il caso, a proposito della sua parte, che si parli di Mafia Capitale, si prospetti il lungo elenco delle malefatte di militanti del suo partito di oggi: il PD, Barbaranelli chi chiamerebbe in campo per giustificarsi a tutela della morale e dell’etica del suo schieramento: Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, Moro? Su, per carità!!!

Samuele Anselmo