SANTA MARINELLA – Il 7 dicembre 2012 il “Comitato 2 ottobre” ha nuovamente protocollato una lettera di sollecito, con allegata una bozza di delibera comunale (già presentata il 28 settembre), indirizzata a tutti i capigruppo del consiglio comunale di S. Marinella in materia di gestione partecipata del fosso Castelsecco.
Il Comitato si rende conto che i nostri amministratori, e probabilmente anche parte dell’opinione pubblica, ritenga questa una materia oziosa e che altre siano le urgenze. Quello di cui invece si sta parlando occupa, a parere del Comitato, il vertice degli annosi problemi di cui soffre il nostro territorio: speculazione edilizia, mancato rispetto di ogni vincolo (paesaggistico, archeologico ed idrogeologico), assenza di pianificazione urbana, di riqualificazione ambientale e di un Piano di Emergenza Comunale; urgenza di rilancio turistico e di finanziamenti (europei).
Vogliamo qui ricordare come il progetto pilota presentato dal Comitato riguardi l’alveo del Fosso Castelsecco il quale, in gran parte ancora naturale, si snoda per terreni agricoli e macchia di ben tre comuni. Già preservare quest’area dalla pressione edilizia richiederebbe una decisa volontà politica, che i nostri amministratori, negli anni, sono stati ben lungi dall’esprimere. Inoltre la parte più degradata dell’alveo del fosso Castelsecco insiste, manco a dirlo, sul territorio pertinente al Comune di S. Marinella, dove le acque si presentano inquinate (dati gli sversamenti abusivi, che raggiungono spiagge e stabilimenti), la biodiversità compromessa, le rive aggredite da attività economiche non autorizzate e da costruzioni sempre più incombenti, edificate dopo la grande alluvione del 1981. Ricordiamo che la cementificazione degli argini o l’innalzamento di barriere non diminuiscono affatto il rischio alluvione. L’unica strada di effettiva diminuzione del rischio consiste nel lasciare aree di esondazione controllata e naturale, permettendo al fiume di modificare il suo corso, come farebbe in natura. I fiumi sono infatti sistemi viventi e la loro trasformazione in canali artificiali non solo ne deteriora la qualità ma comporta maggiori rischi agli insediamenti urbani. Tuttavia, vista l’possibilità di demolire le abitazioni incombenti sul fosso, è indispensabile ed urgente mantenerne sgombro l’alveo nel tratto urbano, per garantire il regolare flusso delle acque. La Direttiva Europea 2000/60/CE obbliga il raggiungimento, entro il 2015, di un giudizio di qualità “buono” per tutti i suoi nostri fiumi. La norma europea è stata recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto 152/2006 riportante” Norme in materia ambientale” che ribadisce prevenzione e riduzione dell’inquinamento, nonché I’attuazione del risanamento dei corpi idrici anche attraverso la stipula di “Contratti di fiume”, come quello promosso dal Comitato.
Il Comitato ritiene inoltre che la riqualificazione ambientale del fosso e della sua foce potrebbero costituire un’importante attrazione turistica per itinerari paesaggistici, naturalistici ed archeologici. Sia la relazione dei guardiaparco di Macchiatonda (conferenza del 6 novembre alla sala Flaminia), che quella del dott. Glauco Stracci (Conferenza Castello di S. Severa, 24 novembre), ricercatore dell’Enea, sulla continuità di insediamenti umani dalla preistoria ad oggi, spiegano ampliamente perché la C.E. abbia dichiarato quest’area dei Monti della Tolfa un unicum mondiale e “Zona a Protezione Speciale”.
Il Comitato ha quindi presentato ripetutamente agli amministratori una proposta di delibera ed alle opposizioni una bozza di interrogazione, nella convinzione che le proposte presentate e protocollate trovino un adeguato spazio nel dibattito e nei programmi elettorali.
Comitato 2 Ottobre