CIVITAVECCHIA – Credo che sulla querelle riguardante il porto sia necessario intervenire e chiarire alcune cose: poiché è tipicamente civitavecchiese e da campagna elettorale avviare una continua spinta alla guerra strisciante, un infinito chiacchiericcio, bisogna riflettere prima di rischiare di arrecare danni a un settore determinante per lo sviluppo della città.
Lo faccio da irregolare, esercitando quella speciale critica, quella necessaria libertà, che gli inglesi chiamano dissenting opinion; lo faccio non avendo né parenti, amici o sodali che lavorano in Autorità portuale o altrove, né tanto meno per difendere qualcuno che non ha bisogno di essere difeso: lo faccio perché in questa città devastata dalla politica, ci si dedica molto spesso a rappresentare problemi, ma sempre più raramente si cerca di trovare soluzioni.
Non volendo cercare voti, né utilizzando sistemi demagogici, affermo in tutta tranquillità che è sufficiente frequentare ambienti dello shipping per avere cognizione della stima professionale di cui godono l’Autorità portuale e il suo Presidente.
Nessuno ha mai evidenziato come, nonostante Civitavecchia abbia avuto grandi e capaci dirigenti all’Autorità, leggi Moscherini e Nerli, nessuno di loro abbia mai rivestito la carica di presidente di Assoporti: carica prestigiosa, di livello nazionale. Non per niente nel momento in cui si profilò la candidatura di Monti, tutti, compresi quelli che oggi sparano bordate nei suoi confronti, comprese imprese portuali in afasia, sindacati e parti sociali, ne tesserono le lodi di professionalità.
Caratteristica tutta tipica di questa amata città: blandire il potere quando è forte, per attaccarlo quando è debole.
Per quanto mi riguarda, è assurdo chiederne le dimissioni, vista per la professionalità e visti gli obbiettivi raggiunti; è sufficiente conoscere o avere sentore dell’andamento economico dei porti italiani per capire come Civitavecchia, pur in una situazione di grave crisi, abbia tenuto; la professionalità e gli standard di eccellenza del nostro porto non sono in discussione, anzi.
Ben diverso è il problema della trasparenza e della gestione interna, su cui giustamente è necessario chiedere chiarezza, pur ricordando che l’Autorità portuale è un ente pubblico, dotato di personalità giuridica, con autonomia amministrativa e di bilancio.
Molto spesso però è più semplice cercare il capro espiatorio, piuttosto che riflettere sulla responsabilità collettiva; a ciò si aggiunga che censurare il comportamento altrui e assolvere il proprio è un vezzo assai in voga a Civitavecchia.
Per fare in modo che una battaglia così importante e giusta sulla trasparenza non diventi una battaglia di soldatini ridicoli di una guerra ridicola (lasciamo da parte l’acqua minerale e altre banalità), o una battaglia di parte, e per evitare che si pensi non tanto a trasparenza e legalità quanto a un’infantilistica cultura del piagnisteo, dove c’è sempre un padre padrone (vedi ad esempio nel recente passato le accuse nei confronti dell’ex sindaco) a cui dare colpe, sarebbe utile che questa battaglia fosse combattuta sempre e nei confronti di tutti, una battaglia di civiltà e non di partito.
Potrei citare in tal senso un elevato numero di esempi sconci che hanno visto un silenzio assordante da parte di tutti: vedi mogli e parenti nei c.d.a. di società legate alle partecipate, o l’impropria discrezionalità nelle nomine dei c.d.a., dalle asl alle proloco, per cui tutto rimane pubblico, certo, ma i partiti decidono i nomi; ma come unico esempio ricordo a tutti che durante la precedente presidenza dell’Autorità portuale, in modo scandalosamente cencelliano, furono attribuiti incarichi nelle varie società portuali, tralasciando competenze e professionalità, e nessuno, ribadisco nessuno dei censori attuali, profferì verbo, esclusi il sottoscritto (uti singolo) e la Cgil locale.
Per concludere, lasciando da parte dimissioni o altre amenità, ma applicando una logica elementare e non ideologica, farei in modo che i membri del consiglio portuale dove sono presenti tutte le componenti imprenditoriali, Comune e Regione compresi, si esprimessero.
Dopodiché richieste di trasparenza sono sempre da accettare e spero che si vada in questa direzione, ma non solo per l’Autorità portuale, ma soprattutto per tutte le società pubbliche o le partecipate del Comune, per le quali i cittadini finora sono chiamati solo a pesanti esborsi di tassazioni extra quando si tratta di sanare bilanci dissestati da manager incapaci.
Invito tutti i partiti a presentare un documento di condanna contro il demerito, la cooptazione, il favoritismo, il clientelismo, il familismo, oltre all’impegno scritto di effettuare le nomine sulla base di competenze e professionalità.
Richieste a intermittenza avrebbero il sapore di parte, o di interessamento capzioso e farebbero venire meno una risorsa che in politica è un bene prezioso: la credibilità.
Tullio Nunzi