CIVITAVECCHIA – La tutela dell’identità dei nostri commercianti, delle aziende e dei lavoratori del nostro territorio, non può non tenere conto di una situazione, oramai, oggettivamente non più sostenibile.
La globalizzazione che, soltanto un decennio fa, sembrava essere la sola strada percorribile, naturale ed inevitabile al tempo stesso, linfa vitale per lo sviluppo economico, si sta pericolosamente rilevando destabilizzante per i già delicati equilibri economici e sociali del nostro territorio.
Il continuo e costante aumento di extracomunitari (Cinesi, nord e centrafricani, indiani) nel tessuto commerciale cittadino, sia con sede fissa che ambulante, sta creando nuove problematiche, rispetto le quali, non si era pronti per la loro risoluzione ma addirittura impreparati alla gestione delle stesse.
Cui prodest? Si sarebbero chiesti i nostri lontani progenitori. A chi conviene? Chi guadagna da tutto ciò?
Certamente non i nostri commercianti le nostre aziende o i nostri lavoratori che bene che vada, si vedono livellare verso il basso i loro ricavi, già ridotti per la contingente crisi globale; i nostri cittadini acquirenti….forse…. ma certamente non sempre, soprattutto se le merci in vendita sono prodotti o alimenti di dubbia provenienza, spesso venduti con modalità in spregio delle più elementari norme di igiene; a pensarci bene gli unici a guadagnarci sono solo i proprietari degli immobili, i quali riescono a trarre profitti che difficilmente potrebbero sperare dalle locazioni dei loro locali.
I dubbi ci sono e tutti gli interrogativi che ne scaturiscono sono sacrosanti… Lavoreranno con le nostre stesse regole? Pagheranno i loro dipendenti così come previsto dai contratti nazionali? Rispettano gli orari di apertura e chiusura, come giusto che sia nell’ottica di una concorrenza leale?…e soprattutto dove spendono i loro soldi, certo non a Civitavecchia!!!
Basta entrare in uno dei tanti negozi di ortofrutta per darci, purtroppo tutte le risposte alle nostre domande, le cassette stracolme dei loro prodotti, tenuti indebitamente sui nostri marciapiedi a poche decine di centimetri dal passaggio delle auto o i capi di abbigliamento dei cinesi attaccati con i chiodi ai muri dei nostri palazzi danno un immagine della città non all’altezza di quello che merita!
Credo che la politica si debba far carico anche di queste tematiche e mi impegnerò personalmente per dar voce a chi, nel tradizionale tessuto economico cittadino, comincia ad avvertire il disagio di secoli di conquiste sociali che vengono messe a repentaglio per livellarle verso il basso. Perché la politica deve essere chiamata, lungi da abbiette intolleranze razzistiche ma al limite motivata da logiche protezionistiche, ad analizzare la situazione reale senza ipocrisie: nessuno può esimersi nell’affrontare queste situazioni, ciò che oggi, per superficialità e forse per timore di essere tacciati di eccessiva intransigenza, domani potrebbe essere causa di pericolose tensioni sociali. Non possiamo permettere che le norme che come comunità ci siamo dati valgono per tutti tranne per chi è ospite della comunità stessa e spesso è stato ben accolto da noi tutti.
Ho poi avuto notizia che tre navi di base nel nostro porto sono partite in direzione Lampedusa per far fronte all’emergenza profughi e che sempre nel nostro porto una tendopoli ufficialmente destinata alla beatificazione di Papa Wojtyla sia stata montata, spero che le due cose non siano collegate e che Civitavecchia non diventi centro di smistamento del centro Italia dei clandestini in arrivo da Lampedusa. Occorre un maggiore rispetto delle regole da parte di tutti, che renda i cittadini stessi controllori e nuovamente orgogliosi di una identità che nel silenzio generale stiamo perdendo e senza mai dimenticarci che anche gli indiani d’America sottovalutarono questo fenomeno e ora vivono nelle riserve.
Patrizio Carraffa (Nuova Italia)