Difficile dire se per l’Alzheimer sia arrivata l’ora delle malattie iscritte all’albo di quelle curabili con una semplice terapia, come fosse una bronchite, ma lo studio pubbllicato sul Journal of American Medical Association lascia ben sperare per una futura terapia. Un farmaco comunemente prescritto per l’asma potrebbe contenere la chiave per rallentare o addirittura invertire il deterioramento delle cellule nel cervello, segna un significativo passo avanti nella lotta per battere la demenza. La ricerca pionieristica di un team austriaco di scienziati ha scoperto in uno studio sul cervello dei ratti, il medicinale “Montelukast” che è venduto sotto il nome di “Singulair” e viene utilizzato per trattare l’asma e le allergie compresa la febbre da fieno reagisce, effettivamente invertendo il processo di invecchiamento. I risultati sono abbastanza significativi da giustificare una sperimentazione clinica su persone affette da morbo di Parkinson. Nei test sulla memoria e cognizione, i ratti più vecchi hanno ricevuto una dose orale equivalente a quello assunto da persone con asma così come per i ratti più giovani. Il neuroscienziato Ludwig Aigner, dell’Università di medicina di Paracelso a Salisburgo e i suoi colleghi hanno individuato una serie di recettori nel cervello che attivano l’infiammazione, che è legata alla malattia di Alzheimer e malattia di Huntingdon. Il team del Dr Aigner ha scoperto che Montelukast ha bloccato quei recettori, significa che c’era meno infiammazione. Grandi quantità di quegli stessi recettori si trovano anche nelle parti del cervello dove si formano nuovi neuroni. Il team ha scoperto che i vecchi ratti a cui era stato somministrato il Montelukast avevano l’80 per cento in meno d’infiammazione e avevano anche un livello avanzato di nuova crescita del neurone. Il Dr Aigner ha dichiarato: “Strutturalmente, il cervello si presentava rigenerato… Penso che il medicinale inverte il danno connesso con l’invecchiamento.” Nello studio, sono stati utilizzati animali di cui i più vecchi avevano 20 mesi – l’equivalente compreso tra 65 e 75 in anni umani – mentre i ratti più giovani erano di 4 mesi – corrispondenti a circa 17 in anni umani. Gli animali sono stati alimentati con il farmaco ogni giorno per oltre un periodo di sei settimane, mentre ad un altro gruppo di giovani e vecchi ratti non è stato somministrato il medicinale. Al termine delle sei settimane, gli animali sono stati testati sul loro apprendimento e memoria. In un test, i ratti sono stati collocati in una pozza d’acqua con una piattaforma con la fuga nascosta per individuarne l’uscita.Prima che il farmaco fosse somministrato, i ratti più giovani hanno percorso la loro strada fuori dall’acqua molto più rapidamente. Ma dopo un ciclo di sei settimane di Montelukast, i ratti più vecchi hanno eseguito il test altrettanto bene. Il Dr Aigner ha commentato: “Abbiamo ripristinato l’apprendimento e la memoria al 100 per cento, ad un livello comparabile con i giovani.” Lo scienziato austriaco ha presentato i suoi risultati in un convegno a Chicago. I ricercatori hanno anche scoperto che la barriera sangue – cervello – la membrana che smette di infezioni di raggiungere il cervello e che si deteriora con l’età – era più forte in ratti che hanno ricevuto il farmaco. Il Montelukast è un farmaco antiasmatico con attività antagonista sui recettori per i leucotrieni. In Italia il farmaco è venduto dalla società farmaceutica Merck Sharp and Dome con il nome di Singulair nella forma farmacologica di compresse masticabili, ad uso pediatrico, di colore rosa contenenti 5 mg di principio attivo e di compresse rivestite da film di colore beige, da 10 mg. Essendo scaduto il brevetto sulla molecola il farmaco è prodotto da numerose altre società farmaceutiche come medicinale equivalente. Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che si occupa anche della tutela degli ammalati di tali malattie neurodegenerative, ricorda che circa 35 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da demenza senile, ed il morbo di Alzheimer è il tipo più comune.L’inesistenza di una cura, poiché le medicine attuali possono solo temporaneamente alleviare i sintomi, comporta il fatto che non solo chi è colpito dalla malattia ne subisce le conseguenze che lo portano ad un decadimento progressivo sino alla morte, ma anche i propri familiari che devono assisterli. “È difficile, quindi stimare, per la loro enormità, i costi sociali che la malattia porta ai sistemi di welfare, ma è ovvio che la scoperta di una cura efficace potrebbe da una parte portare sollievo a milioni di persone nel mondo, ma anche ridurre notevolmente la spesa pubblica sanitaria a livello globale”.
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