Battere il ferro finché è caldo… a tavola

Il ferro è uno dei minerali essenziali per il nostro organismo, dove riveste ruoli molto importanti come il trasporto di ossigeno ai tessuti in quanto componente principale dell’emoglobina e la formazione di numerosi enzimi.
Quando si parla di ferro negli alimenti, le classiche tabelle nutrizionali, in cui è riportato il contenuto medio del minerale, possono ingannare. Ciò che conta infatti non è la quantità di ferro assoluta, ma la sua biodisponibilitá, cioè la quota effettiva che il nostro organismo riesce ad assorbire ed utilizzare. L’esempio classico è quello degli spinaci, vegetali ricchi di ferro, ma in cui quest’ultimo è complessato ad altre sostanze che ne limitano fortemente l’assorbimento.
Innanzitutto il ferro contenuto nel cibo non è tutto uguale: esso è presente nei in due forme distinte, ossia la forma eme e forma non-eme. La prima tipologia è presente solo negli alimenti di origine animale, dove rappresenta il 40% del ferro totale ed è assorbito facilmente nell’intestino senza essere influenzato da fattori dietetici.
Il ferro non eme invece costituisce il 60% del ferro contenuto nei tessuti animali e la totalità di quello presente nei vegetali (frutta, verdura, semi, noci) e ha una minore biodisponibilitá in quanto risente di alcuni costituenti della dieta.
L’assorbimento intestinale del ferro e? modulato in rapporto alle necessita? fisiologiche ed e? inversamente proporzionale all’entità dei depositi, cioè se quello immagazzinato nell’organismo è carente, allora verrà potenziata la capacità di assorbimento intestinale, mentre accadrà il contrario nel caso in cui ci siano abbondanti scorte di questo minerale.
Le persone sane assorbono circa il 10% del ferro introdotto con l’alimentazione, nello specifico l’intestino è in grado di assorbire il 35% di quello proveniente dalle fonti animali e il 10% di quello vegetale.
Il fabbisogno varia a seconda del sesso e dell’età: 10 mg/die per uomini e donne in post menopausa ,18 mg/die per le donne in età fertile e 30 mg/die in gravidanza.
I depositi di ferro nel nostro organismo ammontano a circa 4 g, mentre ne perdiamo fisiologicamente circa 1 mg/die attraverso lo sfaldamento della mucosa del tratto genito urinario e intestinale; proprio per rimpiazzare tale perdita è importante assumerne quotidianamente con l’alimentazione.
Mantenere un equilibrato bilancio del ferro non è semplice perché ci sono una serie di situazioni che portano ad un’aumentata perdita o ad una limitata disponibilità di quello introdotto con la dieta: le mestruazioni, i piccoli stillicidi cronici come le emorroidi, i sanguinamenti gengivali, le fisiologiche perdite nel tratto gastroenterico tipiche in chi pratica sport di resistenza o regimi vegetariani sono tutti fattori che possono compromettere il bilancio marziale.
Non a caso la sideropenia, ossia la deficienza di ferro, rappresenta una carenza nutrizionale di ordine mondiale largamente diffusa, tanto è vero che colpisce circa il 10% della popolazione. Le donne in gravidanza o in età fertile, le ragazze ed i bambini piccoli corrono il rischio maggiore di non assumere sufficienti quantità di ferro. Se non corretta, la carenza evolve in anemia sideropenica, caratterizzata da sintomi quali affaticabilità, irritabilità, fragilità ungueale e dei capelli, cefalea ed astenia.
Si potrebbe pensare che, data la sola presenza del ferro non eme negli alimenti vegetali, quest’anemia mieta più vittime tra vegetariani e vegani, complice anche la diffusa credenza che la carne sia la sola ed unica fonte di ferro, e che quindi privarsene sia una condanna all’anemia.
Invece, incredibile a dirsi, vari studi riportano come l’incidenza dell’anemia sideropenica tra i vegetariani sia sovrapponibile a quella verificata tra i non vegetariani, e non si riscontrano associazioni rilevanti tra dieta e stato del ferro. Dunque si può sfuggire all’anemia anche senza carne, c’è ancora speranza per tutti.
Ma come ci si può assicurare dunque un’adeguata quotidiana di ferro, a prescindere dallo stile alimentare?
Una dieta variata, che presti attenzione agli alimenti ricchi di ferro e ai metodi per migliorarne l’assorbimento costituisce un buon punto di partenza per l’assunzione di sufficienti quantità.
Per quanto riguarda gli onnivori non ci sono particolari accorgimenti: il ferro eme è abbondante non solo nella carne (soprattutto nelle frattaglie e interiora) ma anche in pesce, frutti di mare e uova, e non vi sono fattori che interferiscono col suo assorbimento. Maggiore attenzione va invece posta per chi è vegetariano o vegano, in quanto nella loro dieta il ferro si trova solo nella forma non eme, ossia quella più difficilmente assimilabile e sensibile ad alcune sostanze che ne limitano la biodisponibilità, come i tannini contenuti nel caffè e nel té, i fitati e gli ossalati presenti nella crusca dei cereali, nel cacao e in alcune verdure, i polifenoli del vino rosso ed un apporto eccessivo di calcio o di fibre.
D’altra parte però, vi sono anche delle sostanze e pratiche che esaltano l’assorbimento della forma non eme, come la vitamina C, l’acido citrico, il fruttosio, la germogliazione, l’ammollo, la lievitazione e la fermentazione.
Senza alimenti di origine animale trodurre il giusto quantitativo di questo minerale risulta dunque un po’ più difficile, ma non impossibile. Basterà favorire alimenti vegetali naturalmente ricchi in ferro, come i legumi e derivati della soia, frutta secca, semi oleosi, spezie essiccate e verdure a foglia, assumere un frutto o verdura ricca di vitamina C ad ogni pasto(broccoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, peperoni, pomodori, kiwi, agrumi, fragole) ed evitare il consumo di tè e caffè durante i pasti. Proprio a causa della minore biodisponibilitá del ferro non eme, i vegetariani dovrebbero assumerne una quantità 1,8 volte maggiore rispetto i non vegetariani.
Infine, due parole sugli integratori di ferro. Si tende facilmente a fare uso e abuso di integratori alimentari di ogni tipo, sono spesso considerati come un qualcosa che ci potenzia e che fa stare meglio o che comunque non può far peggio. In realtà gli integratori, vitamine, minerali o altro che essi siano, non sono caramelle e non andrebbero assunti senza che vi sia una reale necessità, altrimenti si rischia di fare più male che bene. Infatti, una immotivata supplementazione di ferro può avere effetti avversi specialmente per gli uomini, che hanno più probabilità di avere problemi di accumulo che di carenza. Gli integratori di ferro dovrebbero essere assunti solo in seguito al consiglio di un medico, nei casi in cui siano stati diagnosticati una carenza o un aumentato fabbisogno. Durante la gravidanza ad esempio si prescrivono di norma dosi minime di supplementi di ferro perché è difficile soddisfarne il fabbisogno tramite la sola alimentazione.
La regola fondamentale da seguire, sia per il ferro che per altri micronutrienti necessari per il nostro organismo, è che è meglio assumerne attraverso il cibo anziché ricorrere agli integratori, perché una dieta sana ed equilibrata assicura già di per sé tutti i principi nutritivi di cui abbiamo bisogno.

Alessandra Stella