Sgominata organizzazione che gestiva lo spaccio a Tor Bella Monaca

ROMA – Dalle prime luci dell’alba, i militari dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Roma stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale capitolino, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 42 soggetti, 32 colpiti dalla misura della custodia cautelare in carcere e 10 dal divieto di dimora a Roma, tutti appartenenti a un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico, radicata nella Capitale e con base operativa e logistica nel quartiere di Tor Bella Monaca.

L’operazione consegue a distinte attività di indagine svolte in tempi diversi dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Frascati e dal 2° Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Roma nella medesima piazza di spaccio, quella insistente in Largo Ferruccio Mengaroni, all’interno del complesso di case popolari denominato “R8”.

L’indagine dei Carabinieri, che oggi hanno eseguito 26 misure cautelari (23 in carcere e 3 divieti di dimora), è stata condotta fra l’ottobre 2016 e gennaio 2018 e rappresenta il proseguimento delle attività svolte nell’ambito dell’operazione “Gerico” dello stesso Nucleo Investigativo di Frascati, conclusasi nell’aprile del 2017 con l’esecuzione di 14 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti, tutti appartenenti all’organizzazione criminale dedita al narcotraffico operante sempre in Tor Bella Monaca nella “piazza di spaccio” di via Via G. B. Scozza, nel comprensorio noto come R10 della citata frazione capitolina. Entrambe le indagini, infatti, costituiscono pieno riscontro alle dichiarazioni rese dal primo collaboratore di giustizia registrato nella difficile area romana di Tor Bella Monaca.

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire i ruoli dei vari sodali all’interno dell’organizzazione, facente capo a due fratellastri che, nonostante ristretti in carcere, gestivano l’attività delinquenziale a distanza. Gli stessi, infatti, coordinavano le attività fornendo indicazioni ai diretti fiduciari per il tramite della compagna del più grande dei due fratelli, attraverso la quale ricevevano anche il sostentamento, con il denaro provento dello spaccio, necessario per il mantenimento della famiglia ed il pagamento delle spese legali.

Si tratta di due fratellastri particolarmente noti nella zona per i loro precedenti penali e per i metodi violenti utilizzati sulla piazza; solo qualche anno fa sono stati tratti in arresto su ordinanza emessa dal Gip di Roma, sempre dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati, poiché ritenuti responsabili di sequestro di persona a scopo di estorsione. In quella circostanza si erano resi protagonisti del sequestro lampo di due minori, figli della convivente di un pregiudicato di Tor Bella Monaca, ritenuto responsabile di aver onorato solo in parte un debito di circa 50.000/00 Euro, maturato con i due fratellastri nel contesto dell’attività di spaccio di sostanze.

Le attività investigative hanno consentito inoltre di individuare i canali di approvvigionamento dello stupefacente sia nel reggente del sodalizio criminale operante nella “piazza di spaccio” di via Via G. B. Scozza, già oggetto dell’operazione “Gerico” e oggi sottoposto a misura cautelare, sia in altro noto pregiudicato della capitale, già più volte raggiunto da provvedimenti cautelari per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio.

Analoghe evidenze sono emerse nel corso delle indagini del 2° Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Roma.

I destinatari delle 16 misure cautelari (9 in carcere e 7 divieti di dimora) eseguite oggi dalle Fiamme Gialle nell’ambito dell’operazione “MARRAKESH”, dopo i numerosi arresti patiti nel tempo dall’organizzazione e, soprattutto, del ritorno “in campo” di uno dei due fratellastri reggenti – nel frattempo scarcerato – hanno continuato a operare con le medesime modalità, soprattutto mediante l’impiego di manodopera nord-africana (di qui il nome dell’operazione).

E’ emerso, in particolare, che i proventi dell’illecita attività, quantificati in oltre 10.000 euro giornalieri, venivano suddivisi in base a un preciso criterio di riparto: l’80% al capo; il 15% agli incaricati del confezionamento e del rifornimento dello stupefacente e il restante 5% ai pusher. Per le vedette la remunerazione, fissa, ammontava a 100 euro al giorno.

A chi non rispettava le “regole” stabilite dai vertici, invece, veniva applicata la decurtazione della paga giornaliera o addirittura punizioni corporali. Questo è quanto accaduto a uno dei capi piazza, violentemente percosso e allontanato dall’organizzazione perché accusato di aver pagato parte della merce con soldi falsi.

Nel loro complesso, le due indagini hanno permesso di accertare:

  • l’esistenza di un’associazione con struttura piramidale, i cui componenti rivestivano ognuno un ruolo ben determinato: coordinatori della piazza di spaccio, preposti al confezionamento delle dosi, pusher, vedette, addetti al rifornimento della sostanza da cedere e incaricati al recupero del denaro;
  • la vendita al dettaglio su strada hx24 di sostanza stupefacente, mediante l’impiego – in turni prestabiliti – di spacciatori e vedette nell’area di interesse che, al fine di eludere i controlli da parte delle Forze di Polizia su piazza, occultavano lo stupefacente nei posti più disparati (come ad esempio nelle aiuole, sotto le piante, sotto delle pietre, dietro ai muretti, negli androni dei palazzi e così via). Lo spaccio sulla pubblica via, rappresentava una vera e propria strategia di marketing adottata dalla piazza di spaccio per garantire introiti più remunerativi, in quanto pur essendo un’attività molto rischiosa per i vari pusher, è, allo stesso tempo, considerato il modo per attirare più clienti, i quali sarebbero titubanti ad entrare in un vicolo chiuso o in un portone per comprare gli stupefacenti;
  • la presenza di pusher di diverse età, compresi minorenni (si va dai 17 ai 45 anni), di sesso sia maschile che femminile, e di diversa nazionalità (soprattutto italiani e nordafricani). Tra i clienti vi erano, invece, sia uomini che donne, di diverse estrazioni sociali e età (dai 18 ai 55 anni) e non si esclude anche la presenza di alcuni minorenni;
  • il mutuo assistenzialismo fra gli associati in caso di arresto: una parte dei guadagni, infatti, è destinata al sostentamento dei sodali che, in caso di arresto, vengono immediatamente rimpiazzati.

Contestualmente alle misure cautelari personali il Nucleo Investigativo di Frascati sta procedendo anche al sequestro preventivo di un’immobile, sito in Zagarolo (RM), e di due autovetture, riconducibili alla compagna di uno dei reggenti del sodalizio, per un valore complessivo di circa 300.000 euro.

Nelle fasi esecutive dell’operazione, inoltre, sono stati rinvenuti e sequestrati denaro contante, orologi di valore,  auto e moto per circa 200.000 euro.