“Paesaggi d’Arte”. La Biennale di Venezia 2017

Prende il via con “Paesaggi d’Arte” la collaborazione tra Centumcellae News e Michele Galice, architetto, fotografo e curatore. Un titolo, quello scelto per questa nuova rubrica, che come spiega lo stesso Galice non solo vuole richiamare il nome del sito internet, “Paesaggi di Luce”, che è diventato il marchio di tutte le sue iniziative in campo artistico ma anche per una ragione più significativa: “La nozione di paesaggio, infatti, implica la percezione necessariamente soggettiva di uno scenario da parte dell’osservatore. E proprio con questo spirito molto personale cercherò di proporvi delle riflessioni su eventi, opere e artisti colti nel grande mondo della fotografia e dell’arte, guardandomi intorno in modo molto selettivo con l’ambizione di condividere con voi tutti quei motivi di interesse che mi capiterà di cogliere”.
Michele Galice ha deciso quindi di esordire con un corposo resoconto della sua recente visita alla Biennale d’Arte di Venezia 2017.
Quella che segue è la prima di tre puntate, dedicata ai Giardini. Seguiranno quelle dedicate all’Arsenale ed agli eventi collaterali. Si ricorda che la Biennale di Venezia chiuderà i battenti il 26 novembre.

BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA 2017
Parte I – I Giardini

Per molti – e anche per chi scrive – la Biennale d’Arte è la solita scusa per tornare a Venezia. Trovo irresistibile l’elettrizzante atmosfera che si respira durante questi mesi di apertura della rassegna. Una città così fastosa, avvolta da un’aurea quasi sacrale, che viene improvvisamente animata da una fitta rete di eventi sparsi per la laguna in grado di aprire porte solitamente chiuse e di rivendicare luoghi dimenticati dalla routine dei flussi turistici. E’ un dialogo non sempre riuscito quello tra opere a volte pacchiane ed edifici di una bellezza unica ma è proprio questo cortocircuito a rivitalizzare una città soffocata da un turismo molto canalizzato. L’edizione 2017 è intitolata in modo piuttosto frizzante Viva Arte Viva, quasi un’esclamazione appassionata; un invito a riflettere, con un pizzico di ambizione, sul tema dell’umanesimo inteso quale momento di affermazione dell’uomo nel suo fare arte, atto supremo di libertà e di rivendicazione.

biennale venezia1Giunto a Venezia salgo a bordo del vaporetto diretto ai famosi Giardini. Non faccio in tempo a guardarmi intorno che mi sento subito calato nel più tradizionale “spirito Biennale” grazie alla presenza di un’installazione impressionante collocata in pieno Canal Grande: si intitola “Support” la mega scultura di Lorenzo Quinn e rappresenta due mani gigantesche alte nove metri che sembrano sostenere l’hotel Ca’ Sagredo. E iniziamo subito ad annotare il primo dei tanti paradossi che a Venezia non mancano mai: l’opera, visibilissima, ha finito per rappresentare di fatto la Biennale di quest’anno che però non aveva acconsentito ad accoglierla ufficialmente tra i lavori esposti relegandola ad iniziativa privata. Una scelta fortunata per l’autore visto che sta riscuotendo un’attenzione planetaria grazie alla straordinaria location. E’ una installazione di alto valore simbolico e comunicativo che a me non dispiace affatto.

biennale venezia2Arrivo ai Giardini, sede centrale della Biennale d’Arte fin dal 1895. Nell’area sono distribuiti secondo uno schema piuttosto regolare i celebri padiglioni esteri progettati da importanti architetti come Alvar Aalto, Rietveld e Hoffmann e il nostro Carlo Scarpa. Li ho visitati con attenzione ma ne sono uscito un po’ deluso, se messi a confronto con molte delle passate edizioni, a causa di una certa ripetitività e di molte idee mediocri. Ma naturalmente non si può generalizzare, ci sono tre cose che mi sono piaciute moltissimo e ve ne voglio parlare.
Non è un caso che anche quest’anno siano le proposte che vengono dall’Oriente a sorprendere. Se decidete di andarci entro il 26 novembre, data di chiusura, non mancate di entrare nei padiglioni di Russia e Giappone: sono due allestimenti molto divertenti che si distinguono per il connubio riuscitissimo di temi fortemente legati alle proprie tradizioni, rielaborati però con soluzioni artistiche piuttosto interessanti.
Il giapponese Tahahiro Iwasaki diverte con alcuni paesaggi in miniatura e sorprendenti modelli architettonici sospesi: in entrambi i casi il visitatore è stimolato ad interagire muovendosi attorno alle opere e avvicinandole in modo talvolta giocoso, come nel caso del foro sul pavimento dal quale ci si affaccia al piano di sopra facendo capolino proprio dal centro di una delle sue installazioni tra gli sguardi attoniti dei presenti.

biennale venezia3Il Padiglione russo, invece, pervaso da un’aurea molto più solenne, affascina per le sue atmosfere cupe. I quattro artisti russi selezionati dal curatore propongono un quadro articolato ma unitario di elaborazioni su temi profondamente radicati nella cultura di questo paese che oggi si confronta in modo critico con le proprie lacerazioni storiche, sempre attuali, come il potere, la paura, l’autorità, l’azione dell’individuo ed il controllo sul popolo. Alcune statuette di gesso e folle in miniatura, molto scenografiche, ci chiamano ad un’attenta riflessione sull’importanza dell’individuo nel mondo moderno. Ho trovato interessante l’uso costante del bianco in questa statuaria, un colore che dal punto di vista estetico sembrerebbe richiamare, forse involontariamente, alcune scelte stilistiche delle propagande nazionaliste come quella fascista calandoci immediatamente in un contesto storico, ma finendo per giocare su valenze simboliche più eteree e quasi in contraddizione: potrebbe infatti evocare concetti come l’assenza di valori, oppure la volontà di uniformare, l’assolutezza. Il bel lavoro è firmato Grisha Bruskin, scultore di fama mondiale che può vantare la presenza di proprie opere al Moma di New York e al Centre Pompidou di Parigi.

biennale venezia4Molto interessanti anche le sculture del Recycle Group, due giovani artisti russi che hanno realizzato dei grandi blocchi dall’aspetto marmoreo, bianchi e spigolosi, dai quali emergono in modo drammatico figure umane imprigionate nella materia, testimoni silenziosi e passivi di una duplice staticità, quella fisica imposta da una contingenza superiore e quella psicologica che impedisce loro di reagire.

biennale venezia5E per concludere positivamente il tema dei Padiglioni ai Giardini mi sento in dovere di dare il giusto risalto anche ad una delle poche proposte esclusivamente fotografiche, visto che proprio la fotografia è argomento centrale delle mie ricerche per la newsletter. Il Padiglione Australia propone due serie strepitose di stampe, coadiuvate da altrettanti video, che spiccano non solo per la loro qualità materiale ma soprattutto per la bellezza fulgida di tutto il progetto intitolato My Horizon. La celebre artista Tracey Moffatt ci offre una riflessione malinconica e molto poetica sul concetto di orizzonte: i nostri orizzonti, le nostre aspettative e le nostre scelte. Una riflessione che ci viene indotta mentre ammiriamo le scene che la grande fotografa di Brisbane ha accuratamente ricostruito richiamando quelle atmosfere lievemente surreali che hanno lasciato un’impronta sulle produzioni hollywoodiane neorealiste degli anni ’40-50 e che la Moffatt ha sempre prediletto. I suoi personaggi, calati in quel contesto storico con i loro vestiti d’epoca, interagiscono a vicenda o con rarefatte architetture sia rurali che urbane, sempre un po’ misteriose. Moffatt cristallizza un momento chiave della loro vita, mentre stanno affrontando, persi con lo sguardo verso l’orizzonte, decisioni importanti di cui sembra di cogliere tutta la difficoltà, in bilico tra passato e futuro. Una confezione impreziosita da splendidi pittoricismi che rimandano a grandi autori delle arti visive e da un seppiato dal gusto retrò altamente evocativo. L’effetto d’insieme è veramente molto bello.

 

Michele Galice