L’adunata anti-migranti tra Mussolini, Casapound e fascisti

CIVITAVECCHIA – E’ tra sorrisi impostati, vecchie conoscenze e strette di mano che si è dispiegata ieri quella che lo stesso vicepresidente di Casa Pound ha definito “la festa del Centrodestra”: un coacervo di infervorati, gli ascoltatori, più o meno attivi nella scena politica locale, la cui maggioranza all’apparenza sembrava essere ansiosa di raccogliere qualche luogo comune un po’ meno sentito da ripetere agli amici al bar. Pare difficile infatti, credere che vi sia un ideale concreto tra tutte quelle frasi fatte e quegli slogan a tratti un po’ squallidi, che mancano di sostanza quando si parla di soluzioni concrete.
Gli interventi al presunto evento-conferenza organizzato da Massimiliano Grasso all’Arena Pincio non si sono presentati come vari ed eterogenei, anche se all’incoerenza ricorrente va dato il merito di aver spezzato la noia tra un “prima gli Italiani” e un altro. L’incontro infatti, si proponeva di illuminare i presenti con preziose informazioni concernenti i migranti che il molo 28 del nostro porto dovrebbe ospitare secondo i più recenti sviluppi, ma senza troppe difficoltà si è trasformato in un momento di autocelebrazione per coloro che hanno preferito avvantaggiarsi sul tour della propria campagna elettorale.
Ma esaminiamoli nel dettaglio: ad aprire le danze è stato proprio Massimiliano Grasso, affezionato tanto al TAR quanto alle politiche locali, verso cui ha sempre mostrato una spiccata sensibilità, assolutamente disinteressata. “Vogliono trasformare una banchina del porto”, informa, “in una tendopoli, formando un brutto biglietto da visita per tutti i croceristi che si affacciano su quello che è il primo porto d’Italia in questo settore. Ditemi voi se è sostenibile questo finto buonismo della sinistra, che parla di accoglienza e poi vuole far stare delle persone su una banchina del porto a 40 gradi all’ombra”.
Non è dunque chiaro chi meriterebbe la tutela dell’opinione pubblica e delle forze politiche, se i migranti che una volta accolti si troverebbero in condizioni “inumane”, o l’umore dei croceristi in vacanza che una volta sbarcati indubbiamente si cruccerebbero per la spiacevole presenza di queste persone. Poi fortunatamente il nostro oratore ci chiarisce la situazione, spostando tutta la sua solidarietà verso coloro che a causa dell’incendio della scorsa domenica hanno “subito una tragedia” e dando così il via ad una chiara strumentalizzazione dell’accaduto da parte di tutti gli altri retori. D’altronde si sa che la moneta per acquistare i consensi non è più l’euro già da un pezzo.
Il generoso Grasso non si dilunga più del dovuto, lasciando spazio agli altri suoi “colleghi”, che non si sono discostati molto dalla singola tesi sovraesposta. Interessante come sia emerso in modo così naturale il tema della mancanza d’acqua in città, come un impedimento fondamentale all’accoglienza di rifugiati. Beh, si vede che gli stanno molto a cuore.
Un intervento significativo che merita di essere riportato è stato quello di Alessandra Mussolini, che contenta di essersi tenuta il cognome, ha sorpreso il pubblico già non poco acceso in deliranti “bravo!” “Daje!” “Tutti a casa!”, con una mise piuttosto sobria. Non altrettanto sobri i suoi modi di fare, con cui ha espresso il suo punto di vista sulla questione dapprima accodandosi alla scelleratezza di chi vuole accogliere su una banchina di cemento delle persone per farle stare in pessime condizioni, successivamente mostrando il suo disappunto verso la loro capacità motoria, “perché poi non è che non sciamano da tutte le parti, sono liberi di andare. Io li vedo che sto da quarantacinque anni a Marina di San Nicola l’estate, poi me li ritrovo lì”. Dio non voglia che assieme a quello dei croceristi, sia turbato il buon animo vacanziero della Mussolini, che ha tutto il diritto di riposare indisturbata da presenze compromettenti mentre si preoccupa per “tutti quegli Italiani che dormono sotto i ponti per cui lo Stato non fa niente”.
Il resto degli interventi scorre come previsto: onorevoli improvvisamente interessati delle questioni locali che “bisogna prima guardare ai bisogni dei cittadini italiani che pagano le tasse”, “Cozzolino se ne deve andare”, “oggi Civitavecchia e domani l’invasione a Roma!”.
A rompere inaspettatamente l’idillio di unità politica creatosi, il caldeggiato contributo di Casa Pound, che attraverso le parole del suo vice presidente Simone Di Stefano, ha voluto dimostrare un’insolita solidarietà alla città: “Noi non facciamo parte del centrodestra, a noi non interessano gli schieramenti e gli scontri. Oggi siamo venuti perché ci aspettavamo al posto di una festa del centrodestra, un’assemblea di cittadini ed è a loro che vogliamo rivolgerci. C’è un punto in cui la politica si ferma, i ministri si fermano e allora interveniamo noi. Quando sbarcheranno i migranti, i ragazzi di Casa Pound saranno pronti a combattere accanto e per i Civitavecchiesi, per prendersi denunce e manganellate. Con le parole è facile dire tante cose, ma sono i nostri ragazzi che combattendo contro i traditori della patria si sono presi le botte e il carcere. Non ci interessano i voti, non chiediamo i voti di nessuno, ed è brutto dirlo ma il centrodestra che ora critica la sinistra, è lo stesso che l’ha sostenuta e noi non vogliamo entrarci. Noi invece ci prendiamo le nostre responsabilità per le azioni che commettiamo, con le manganellate, le denunce e la galera. Come dice l’inno, siam pronti alla morte!”.
Ad incoraggiare la fine dell’intervento con la scusa del tempo che stringe, un imbarazzato Grasso che forse non ha fatto bene i conti nella scelta degli ospiti. Dulcis in fundo, un vecchio amico della città appositamente sbucato dal letargo politico si fa avanti per ricordare ancora una volta che se ci fosse un posto libero per lui, se lo prenderebbe volentieri: “Ringrazio Di Stefano o come si chiama che ha parlato prima”, esordisce Gianni Moscherini, “perché dovremmo essere sempre tutti a cantare l’inno. Ma che hanno deciso i nostri governanti, l’invasione totale della Capitale? Ora che Civitavecchia è il primo porto croceristico vogliamo farci un hotspot? Non credo che demorderanno, perché quando ero sindaco io non lo hanno fatto. Al tempo io ho permesso il ricovero per i veri profughi, oggi si parla invece di invasione organizzata e si usa la scusa che noi facciamo pochi figli per far entrare gli altri, così la fine dell’umanità sarà un meticciato. E un meticciato vuol dire che saremo tutti un po’ bianchi e un po’ neri”.
Con il gigantesco interrogativo che quest’ultima affermazione si spera abbia suscitato, assieme ad un’inevitabile indignazione, l’evento si appresta a concludersi, non senza ribadire locuzioni e slogan qualunquisti così inflazionati da perdere ulteriormente la già precaria credibilità. Precaria, quantomeno, agli occhi di coloro che non sono accecati dal pregiudizio e dai luoghi comuni che non trovano fondamento o giustificazioni.

Giordana Neri